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Martina: “Andrò alla Perugia-Assisi per rilanciare la sfida della pace e della convivenza”

«Il giudizio è veramente severo e negativo perché per quello che abbiamo ascoltato, per gli annunci fatti, abbiamo di fronte scelte di natura sociale molto pericolose. Io contesto innanzitutto l’approssimazione con cui si stanno trattando i conti pubblici, l’assenza totale di scelte a sostegno del lavoro prima di tutto, delle famiglie, dei giovani». Maurizio Martina, segretario del Pd, boccia la manovra del governo “legastellato”, di cui, «fatto senza precedenti», non si conoscono i dettagli. E nel suo ufficio di Largo del Nazareno fa il punto con Avvenire del suo viaggio alla guida del partito, che avrà come traguardo, passando per la marcia Perugia-Assisi domenica, il Forum di Milano a fine ottobre. Dopo il quale inizierà il congresso con le primarie, alle quali ancora non lo ha deciso, assicura – potrebbe partecipare, contro Zingaretti e Richetti».
 

Il governo ha sfidato l’Europa sul debito, ma la manovra non sembra pensare troppo alle famiglie.

 
«La famiglia non è pervenuta negli annunci del governo. Se noi simuliamo esempi concreti di una coppia con un figlio e un mutuo scopriamo che tutto quello che è stato raccontato fin qui non li riguarda».
 

Che intende?

 
«Non riceveranno la pensione di cittadinanza che qualcuno continua a predicare, non avranno l’abbattimento delle tasse, rischieranno di avere il taglio delle detrazioni fiscali e una rata del mutuo più pesante. Penso che questo farà male al Paese, così come il fatto che nella manovra non si parla più di lavoro, di servizi fondamentali, salute, assistenza, istruzione…».
 

Per il lavoro c’è il decreto dignità.

 
«Ma purtroppo il Decre3eto dignità sta generando più precarietà e disoccupazione. Rischiano di finire ben 900 mila contratti a termine. Credo ci sia un drammatico assente che è il ceto medio: non ci sono le famiglie, i lavoratori, le esperienze delle imprese che andrebbero sostenute e oggi sono invece lasciate sostanzialmente sole».
 

Di Maio dice che è stata sconfitta la povertà.

 
«Abbia più umiltà. Se la lotta alla povertà la si fa con le carte prepagate e una miriade di limitazioni, credo che il Paese rischia di fare un clamoroso passo indietro, quando dovremmo completare e rafforzare il Reddito d’inclusione, lavorando con i comuni, insistendo perché si sviluppi fino in fondo questa strategia, che è quella che ci ha proposto tante volte l’Alleanza contro la povertà, e che invece viene smantellata».
 

Però il decreto dignità favorisce il lavoro stabile, no?

 
«Anche li c’è un corto circuito tra propaganda e realtà. Quel decreto sta generando più disoccupazione che precarietà». Dalla piazza di domenica abbiamo ascoltato anche le testimonianze di lavoratori che rischiano di non vedersi rinnovato il contratto».
 

Il tavolo del Pd con i sindacati serve a riallacciare i rapporti con un mondo del lavoro che vi ha voltato le spalle?

 
«Abbiamo chiamato qui tutte le organizzazioni del lavoro e dell’impresa, cercheremo di ascoltare le loro voci, le preoccupazioni. Vogliamo discutere con le parti sociali anche per delineare le nostre 5 proposte alternative, concrete, a partire da giovani, famiglie con figli, povertà, casa e investimenti. Le abbiamo costruite facendo anche i conti della sostenibilità finanziaria, e prevedendo una spesa di 1617 miliardi, accanto ai 12-13 che servono per la sterilizzazione dell’Iva. Con la manovra resta il rischio dell’aumento selezionato dell’Iva».
 

La piazza di domenica ha risposto al Pd. È un suo successo personale?

 
«È stato un successo di tutto il partito, che ha messo in campo il suo orgoglio. È stata una bellissima piazza, piena di giovani, per la prima volta dopo anni. Con questa stessa ambizione andremo domenica alla marcia Perugia-Assisi. Penso che anche quella sia la nostra piazza, perché dobbiamo contribuire a rilanciare la sfida della pace, della convivenza».
 

C’è tutto un mondo del sociale che si muove. Come vi rapportate?

 
«Mi sento, anche con questa intervista, di fare un appello a tutte le forze culturali, sociali, associative perché nella pluralità delle nostre esperienze si faccia un percorso comune. Serve una nuova primavera dell’impegno democratico, progressista europeista, civico. E nel rispetto dell’autonomia di tutti, io lancio un appello perché si costruisca un patto di lavoro. Penso che ci sia un tema enorme per noi che è quello di rimettere la persona al centro dell’impegno politico, sociale, specie in questo momento in cui spira un vento contrario, che porta all’individualismo, alla paura, al rancore. Chi in politica specula sulla paura per il proprio tornaconto elettorale sta facendo un danno clamoroso all’idea stessa di comunità».
 

Non era già questo il progetto del Pd?

 
«Noi discuteremo di questo al nostro forum nazionale a Milano a fine ottobre. Sarà un’occasione formidabile, a 10 anni dalla nascita del Pd, di rimettere a fuoco il vero impegno del campo democratico. Mi interessa lavorare con il mondo cattolico-democratico che ha elaborato una nuova visione della società che ci riguarda. Quando in molti discutono di valore condiviso oltre la società del consumo, di società generativa, di una nuova idea che rimetta al centro la persona prima del profitto, penso che siano chiavi per la sfida del Pd di domani. So che i democratici in Italia coprono uno spazio più ampio del Pd. L’ambizione che ho è di costruire un ponte che riesca a unire le culture democratiche, progressiste, civiche…».
 

Quindi non concorda con l’idea di Calenda e Orfini di andare oltre il Pd?

 
«Penso che la piazza abbia dimostrato che il tema non è superare il Pd, ma costruire insieme un percorso di unità e apertura».
 

Con le primarie non tornano le battaglie tra correnti?

 
«Mi auguro di no, spero che il Congresso possa essere un’occasione non autoreferenziale. Tutti noi dobbiamo avere la tensione ad aprire e a unire».
 

Si candiderà alle primarie?

 
«Mi creda, non è questo il tema. Non metto me stesso prima del progetto. Ho il compito di portare il partito fino al Forum di fine ottobre col massimo sforzo inclusivo. Ci credo tanto, come occasione di elaborazione, come credevo alla piazza di domenica».
 

Ma può trarre un frutto da questo sforzo, no?

 
«Spero che i frutti di questo lavoro faticoso li raccolga il Pd prima di questa o quella persona. La piazza ci fa vedere che c’è un’occasione. Sono convinto che stiamo seminando per la primavera».
 

Prima del Forum ci saranno “Piazza Grande” di Zingaretti e la Leopolda di Renzi. Ci andrà?

 
«Vediamo. L’appello è a costruire ogni momento delle prossime settimane come una ricchezza per tutto il Pd. Che ogni iniziativa porti sempre qualcosa a tutti noi».
 

Si sta facendo un’idea di possibili alleanze per le europee?

 
«Credo che il tema sia partire dalle alleanze sociali per arrivare alle alleanze politiche».
 

Magari un fronte antisovranista?

 
«Credo che dovremmo lavorare per una proposta che si rivolga direttamente alla vita dei cittadini, perché serve una nuova Europa, più sociale. Non farci schiacciare dalla destra che insinua l’idea che noi vogliamo conservare l’esistente. Ma non può esserci sovranità vera per il cittadino italiano fuori dall’ombrello dell’Europa. La domanda è investire sulla nuova Europa o distruggere l’unico progetto che ha dato pace e sviluppo a un continente uscito devastato dalle due guerre mondiali. Bisogna dirlo, perché c’è una generazione europeista nata dentro la storia europea pronta a darci una mano. Chiediamo a loro di essere protagonisti in questa campagna, di essere alla testa di questo impegno. È il momento di uscire dalla penombra per occupare lo spazio pubblico. La sfida è troppo importante per stare a casa».
 

Delrio chiede di lasciare spazio alla nuova generazione. Che ne pensa?

 
«Ha ragione. Ci sono tante nuove esperienze anche nel Pd pronte a raccogliere questa sfida. Abbiamo ragazzi che fanno buona politica. Dobbiamo ripartire da un partito di strada. Dobbiamo essere consapevoli che la posta in gioco è così grande che non possiamo permetterci errori».
 

E un appello agli elettori o al Pd?

 
«Al partito. Ci sono in ballo le sorti del Paese e dell’Europa. Dobbiamo essere all’altezza di questo passaggio storico».

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