«Non abbiamo estirpato il verme» commenta Emanuele Fiano, architetto e parlamentare pd. Suo padre Nedo fu l’unico sopravvissuto ad Auschwitz della sua famiglia. L’insulto antisemita in una media di Ferrara ha riaperto una ferita e una consapevolezza: «Non abbiamo fatto abbastanza».
Cosa non ha funzionato?
«Lo sconforto che ho provato è dovuto al fatto che questo caso è diverso dall’antisemitismo intentato da adulti. È più grave, vuol dire che la banalizzazione del male è penetrata nelle menti più indifese».
La scuola è intervenuta, sono arrivate le scuse, uno degli aggressori è stato educato ai valori dell’antifascismo.
«Allora vuol dire che questi ragazzi imparano dal web. E il problema non sono le scuse, ma capire da dove è nata questa malapianta. E trasformare il male di questo episodio in bene».
Anche lei s’interroga su come sia possibile che un ragazzino trovi certe parole?
«Il problema è che la banalizzazione del male è in corso da anni, in Rete girano senza filtro offese, barzellette sulla Shoah. Prendiamo la parola lager: è usata per qualsiasi cosa, ma era una macchina di sterminio. Bisognerebbe stare più attenti e che tutti ci sentissimo narratori di ciò che è stato».
Anche certa politica soffia sul fuoco, non crede?
«Questi episodi di cronaca non vanno mescolati al clima politico. Però la politica non deve mai oltrepassare i limiti sull’uso della storia e il rispetto delle persone. Una buona occasione per farlo è il prossimo 25 Aprile».
Suo padre cosa avrebbe detto?
«Avrebbe pianto. E poi chiesto di incontrare quel ragazzo per raccontargli la sua storia».