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Due gli obiettivi: una proposta di opposizione convincente e la ricostruzione del PD nei territori

Piero Fassino, ultimo segretario dei Ds e fondatore del Pd. Cosa sta succedendo dentro al suo partito?

 
«Sappiamo che dobbiamo ripartire, con umiltà e aprendo un cantiere largo di discussione che coinvolga tutto il partito e si apra con coraggio alla società italiana. Con due obiettivi».

 

Quali?

 
«Primo: una proposta di opposizione credibile e convincente, capace di conquistare la fiducia dei cittadini, a partire dai tanti che si sono allontanati da noi. Secondo: ricostruire il partito che in molti territori ha fortemente indebolito i suoi legami con la realtà. Ovviamente partendo dalla sconfitta e dalle ragioni che hanno portato molti a rivolgersi altrove».

 

Di chi sono le responsabilità della sconfitta? Renzi è l’indiziato numero uno?

 
«La sinistra ha subito sconfitte in America e in tutti i paesi europei. Davvero sarebbe riduttivo ricondurle a questo o quel leader. Si esce dalla sconfitta non con i capri espiatori, ma cercando di capire perché la sinistra, egemone nel ‘900, oggi rischia la marginalità».

 

Romano Prodi propone di andare «Oltre il Pd».

 
«Ho dato alle stampe un libro dal titolo Pd davvero perché convinto che bisogna rilanciare le ragioni per cui 10 anni fa abbiamo fatto nascere il Partito democratico: un grande partito riformista, capace di mettere in campo le riforme economiche, sociali e istituzionali necessarie a portare il Paese fuori dalla crisi, dalla instabilità e dalle disuguaglianze. Oggi ce n’è ancor più bisogno di fronte alla deriva in cui Salvini e Di Maio stanno trascinando l’Italia».

 

Quali sono i tempi del congresso?

 
«Intanto il primo passo è superare lo stadio della reggenza. In questi mesi Maurizio Martina ha svolto un lavoro prezioso e generoso; adesso serve eleggerlo segretario a pieno titolo, costruendo intorno a lui un gruppo dirigente autorevole, riconosciuto e con nuovi innesti».

 

Però state litigando se farlo prima o dopo le elezioni europee.

 
«Non è che ogni discussione è un litigio. L’assemblea nazionale avvia subito un percorso di discussione e ricostruzione che culminerà nel congresso. Eviterei di stabilire oggi mese giorno e ora di una cosa che dovrà accadere in ogni caso nel 2019 e i cui tempi decideremo tenendo conto dell’evoluzione del quadro politico, delle politiche del governo, delle nostre battaglie di opposizione e delle elezioni europee e amministrative».

 

Sosterrà la candidatura di Zingaretti a segretario?

 
«Fortunatamente disponiamo di molte personalità, come Maurizio Martina, Nicola Zingaretti, Andrea Orlando, Roberta Pinotti, Federica Mogherini e altri ancora. Sono giovani dirigenti che lanciai io quando ero segretario dei Ds. So quanto valgono. Ma non partiamo dai nomi. Serve una nuova piattaforma ideale e programmatica. E da lì sceglieremo chi ci debba guidare».

 

In campo c’è anche Carlo Calenda che invoca un Fronte repubblicano…

 
«Molte proposte di Calenda sono utili. E vanno nella direzione di un campo progressista largo, capace di aggregare forze politiche e società, attraendo energie nuove. Ed è il Pd per primo che ha la responsabilità di costruirlo».

 

Cosa significa centrosinistra largo ?

 
«Significa guardare a tutti coloro che dicono no all’onda populista e alla deriva estremista di Salvini, a chi vuole un’Italia moderna e giusta, saldamente ancorata all’Europa. E per farlo dobbiamo partire da tre priorità: lotta alle disuguaglianze in una società che sappia proteggere senza chiudersi; a ciascuno un lavoro su cui costruire le proprie certezze di vita; una politica dell’immigrazione che non contrapponga italiani a stranieri, ma consenta a ciascuno di veder riconosciuti i propri diritti».

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