«Per la democrazia italiana è l’ultima chiamata. Oltre, l’alternativa è tra una deriva autoritaria turca e una repubblica in cui il potere esecutivo e quello legislativo vengono esercitati da quello giudiziario. A un passo dal precipizio confido che le forze politiche trovino forza e orgoglio per assicurare al Paese governabilità e riforme».
Anche Riccardo Illy, candidato come indipendente Pd nella sua Trieste, è stato travolto dalla mareggiata leghista che ha sommerso tutto il Nord.
«Le sconfitte rendono tristi. Ma chi accetta di assumere responsabilità collettive deve comunque proporre soluzioni ispirate al realismo. Meglio fare sacrifici che lasciar condurre la nazione verso isolamento e bancarotta».
Dalle urne però emerge una governabilità difficile: come si può assicurarla?
«Berlusconi qualche settimana fa ha detto che non sarebbe stato contrario ad un Gentiloni-bis. Anche Prodi, Veltroni e Letta si sono spesi per il premier. Se in parlamento non emergessero maggioranze, l’attuale governo potrebbe continuare in prorogatio, garantendo una buona ordinaria amministrazione fino a quando i partiti non troveranno accordi trasversali per fare riforme non più rinviabili».
Quali sono le priorità?
«Direi tre: cambiare la Costituzione per abolire il bicameralismo perfetto, una nuova legge elettorale in cui la governabilità prevalga sulla rappresentatività e alcune riforme economiche che rafforzino la crescita. Poi si potrebbe tornare al voto».
Qual è stato l’errore cruciale del centrosinistra?
«Aver ceduto alla tentazione di dire la verità al Paese, mentre gli avversari promettevano le ferie su Marte. Una persona normale non ha tempo, o possibilità, di approfondire e verificare programmi irrealizzabili. Il prodigio resta seducente».
Per il riformismo europeista e solidale è il capolinea?
«No. L’exploit di estremismo e populismo non ha basi culturali. La sua ideologia è la paura, un’emozione non permanente. Oggi si fonda su disoccupazione, redditi bassi, immigrazione e insicurezza. Appena emergerà che Salvini e Di Maio purtroppo non hanno risposte applicabili a emergenze storiche, la maggioranza degli italiani si riavvicinerà ai valori fondativi dell’Occidente».
Non crede che dal voto salga una forte e giustificata domanda di cambiamento?
«Sì, ma la domanda è con chi si può davvero cambiare per rendere l’Italia migliore. Euro, Ue, previdenza e lavoro, finita la propaganda, devono uscire dal dibattito. Se i programmi pre-elettorali sono mutabili, i Cinque Stelle e Forza Italia sono più vicini a centrosinistra ed Europa, rispetto alla Lega».
Le elezioni sono state vinte da Lega e M5s: non tocca a loro governare?
«Se formano una maggioranza parlamentare e concordano un programma, il presidente Mattarella ne prenderà atto. Il problema a quel punto è che l’attuazione reale dei piani annunciati pubblicamente, avrà due effetti: Italia prima fuori da Ue e moneta unica, poi al fallimento per l’esplosione del debito pubblico».
Assieme al renzismo si è chiuso anche il berlusconismo?
«Sì, ma il primo termina per affrontabili ragioni politiche, il secondo per irrisolvibili cause anagrafiche. E il vuoto è già stato riempito dai partiti anti-sistema».
Si profila davvero un problema-Italia dentro la Ue?
«Se guardiamo al blocco dell’Est, la possibilità dell’instabilità e di una svolta populista c’è. Non credo però che gli italiani siano disposti a pagare un simile prezzo. Per fortuna gli accordi di adesione alla Ue non sono negoziabili ad ogni cambio di maggioranza interna».
Mercati e imprese però sono preoccupati.
«Per ora l’allarme nasce dall’ipotesi. Il Paese ha bisogno di governabilità e di riforme e se tutti hanno buona volontà l’obbiettivo rimane centratile. Va aggiunta la sburocratizzazione, che alimenta la corruzione frenando sviluppo e investimenti stranieri. Il nuovo parlamento può abrogare dieci leggi ogni nuova legge approvata e affidare a dieci università dieci testi unici sugli snodi essenziali della crescita economica. Tempo un anno e avremmo un orizzonte diverso».
È ancora possibile in Italia una grande coalizione di governo modello Germania?
«Teoricamente sì. A Berlino però l’accordo è stato trovato tra forze politiche europeiste e solidali. Io spero che Roma possa adattare l’esempio tedesco alla sua nuova realtà parlamentare. Attualmente solo Lega e Fratelli d’Italia sembrano incompatibili. Per il resto, partendo da Gentiloni, va fatto ogni sforzo: gli italiani, votando, hanno chiesto un governo per risolvere problemi concreti, non il caos».