I dati dello SVIMEZ certificano che il Sud è rimasto indietro. Le radici di tale arretratezza affondano nei decenni passati ed è da vent’anni che il sud ha interrotto il processo di convergenza, in termini di industrializzazione, con il resto d’Italia e d’Europa.
Tuttavia, nell’interpretare questi dati e nel reagire con forza, bisogna tenere presenti due punti.
Primo, in questo anno e mezzo il governo non ha abbandonato il Sud. Abbiamo invece rilanciato l’azione delle istituzioni, con un cambio di filosofia. Da un lato, abbiamo rifiutato di proseguire con le logiche assistenziali e di “stato imprenditore” che per 60 anni non hanno risolto il problema del sottosviluppo del Mezzogiorno e che hanno invece forse contribuito a creare cattedrali nel deserto e ad impedire lo sviluppo di un tessuto imprenditoriale autonomo, sano e competitivo. D’altra parte, siamo intervenuti e stiamo intervenendo con forza per costruire un Mezzogiorno che sia un ambiente favorevole alla crescita, in termini di giustizia, semplificazione, infrastrutture e costo del lavoro.
In materia di giustizia, abbiamo snellito il processo civile, approvato una legge anticorruzione che mancava da anni e messo in campo la riforma del Codice Appalti. Sulle infrastrutture ci siamo impegnati con il piano Delrio a spendere finalmente i 20 miliardi che sono già stati stanziati. Questo intervento si pone in continuità con i 9 miliardi aggiuntivi di fondi europei che sono stati spesi. Con l’approvazione della riforma PA, semplifichiamo e uniformiamo quelle procedure burocratiche che fanno sì che a Napoli ci voglia il triplo del tempo per aprire un’esercizio che a Milano. Inoltre, le misure che abbassano il costo del lavoro sono particolarmente a favore del Mezzogiorno, dato il gap produttività-costo del lavoro che presenta. Infine, è utile ricordare alcuni casi di fabbriche che ripartono, grazie anche al rinnovato impegno del governo: ENI a Gela, ex-Iribus a Fumeri, Termini Imerese alla METEC, Ansaldo a Gioia del Colle, Natuzzi e, speriamo, l’ILVA.
La scheda di Federico Pirro con tutte le crisi risolte
Secondo, il Sud non è un cimitero industriale, come spiegava molto bene qualche giorno fa Federico Pirro su l’Unità, ma ha gambe forti su cui contare, per riprendersi il proprio futuro. Ha un apparato industriale che copre settori strategici: dall’automotive alle estrazioni, dalla chimica al software, e che vanta eccellenze globali nell’aereospaziale, nella metallurgia e nell’agroalimentare. Il 5% delle imprese al Sud sono start-up, con tassi di sopravvivenza dell’impresa maggiori che al Nord, e al contempo i tre più grandi stabilimenti industriali d’Italia sono nel Mezzogiorno.
Il Partito Democratico, come partito di Governo che governa tutte le regioni del meridione, ha sempre voluto rappresentare l’Italia “tutta intera”, vuole raccogliere la sfida del rilancio del Sud. Venerdì, mentre altri vanno in vacanza, mentre altri lamentano vent’anni di classe dirigente inadeguata, ci rimbocchiamo le maniche e cerchiamo di mettere in campo le nostre idee migliori, per rilanciare la più grande opportunità del Paese: il Mezzogiorno.
Filippo Taddei, responsabile Economia e Lavoro del Pd