L’integrazione degli immigrati e dei loro figli occupa un posto di rilievo nell’agenda,sia economia, sia sociale, del nostro Paese e dell’intera Unione Europea. Unapartecipazione attiva degli immigrati e dei loro figli al mercato del lavoro e, più ingenerale, alla vita sociale è una condizione imprescindibile per garantire lacoesione sociale del paese di accoglienza e per renderli cittadini autonomi e capacidi intraprendere un reale percorso di integrazione.
Tuttavia, il tema dell’immigrazione e dell’integrazione è regolarmente evocato da chi, per disegni politici elettoralistici, si limita a fomentare le paure non capendo la portata storica e la complessità di quanto sta accadendo. Per la sua posizionegeografica, l’Italia è il terminale di variabili macropolitiche di latitudine mondiale che potranno essere gestite, dal lato degli effetti, se a livello europeo si affermerà una piena simmetria tra i diritti di cittadinanza, i diritti di circolazione e i diritti d’asiloe, a livello delle cause, con una politica estera unitaria che affronti il problema delleguerre e della povertà.
Quando però si parla di cittadinanza, non è all’emergenza dell’attuale ondata di arrivi che bisogna guardare, ma a quella comunità di stranieri, residente legalmentein Italia da tanto tempo, che nel nostro Paese ha deciso di lavorare, vivere,crescere una famiglia, integrandosi nella nostra società. E in particolare, la nuovalegge sulla cittadinanza è rivolta ai figli di questi immigrati, nati e cresciuti in Italia,italiani a tutti gli effetti, tranne che formalmente.
il dossier a cura dell’Ufficio documentazione e studi del Gruppo Pd alla Camera