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Happy days, l’Italia dei nuovi diritti

Con il governo Renzi e la spinta riformatrice del PD, l’Italia ha ripreso la discussione sui diritti. Non solo economia, ma anche i temi che toccano i diritti, soprattutto di quelli che non ce li hanno.

 

Con Happy days, il Dipartimento Diritti lancia una serie di iniziative sul territorio e invita chi ha voglia di creare un dibattito sui temi delle unioni civili e diritto di cittadinanza. Due questioni che sono rimaste per troppo tempo nel cassetto e che oggi sono invece tema di dibattito parlamentare. L’obiettivo è quello di arrivare presto a due buone leggi che restituiscano un pò di equità in una legislazione che soffre di atavici buchi.

 

 

Per riconoscere i diritti a migliaia di coppie omosessuali, il Pd ha deciso di ispirarsi al modello tedesco delle unioni civili che regola le convivenze tra persone dello stesso sesso. Un testo che al Senato, oggi vive la fase della discussione degli emendamenti e che potrebbe arrivare presto. Un risultato importante, ottenuto nonostante le forze ostruzionistiche interne ai gruppi parlamentari, che hanno il solo obiettivo di impantanare tutto. In questi mesi come dipartimento Diritti abbiamo convocato con regolarità le associazioni espressive del mondo Lgbt, aderenti all’Unar, per discutere insieme l’iter della legge, ascoltare e condividere le perplessità e l’obiettivo di migliorare un testo. Arriviamo ultimi in Europa sul riconoscimento dei diritti alle coppie omosessuali e non possiamo permetterci errori.

 

Il mondo negli ultimi vent’anni è cambiato profondamente. La nostra Italia oggi non è solo di chi vi è nato, ma anche di chi dopo migrazioni forzate, vive, lavora stabilmente nelle nostre città, paga le tasse e qui ha formato la propria famiglia. Attualmente alla Camera è in discussione una proposta di legge che prevede la concessione della cittadinanza per le seconde generazioni di immigrati. I modelli in discussione non prevedono lo ius soli puro (chi nasce in Italia è italiano), ma delle soluzioni che tengano conto degli anni di residenza dei genitori sul territorio italiano nel caso il bambino sia nato qui, oppure legare il diritto alla frequentazione di un ciclo scolastico. Secondo i dati dell’Istat i minori di seconda generazione sono almeno un milione e rappresentano il 10 per cento della popolazione scolastica. Un trend che è destinato a crescere e che oggi lascia bambini nati e cresciuti qui, che parlano perfettamente italiano e spesso anche il dialetto del posto dove vivono, senza alcun riconoscimento.

 

Solo assicurando i diritti a chi oggi vive nell’ombra apriremo pienamente le porte dello Stato a questi cittadini rendendoli parte di quella teoria della felicità, che è una sfida, ma anche il presupposto di vedere il futuro diversamente da chi vorrebbe che rimanesse sempre tutto uguale.

 

A cura del Dipartimento Diritti

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