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Guerini: “Parliamo a tutti gli italiani, stiamo rimontando al Sud”

Onorevole Guerini, per vincere il referendum servono dai 12 ai 15 milioni di voti, a seconda dall’affluenza. Voi ne avrete grossomodo 9. I centristi circa 1.5: gli altri dove li prendete?
 
«Io credo che per un referendum sulla Costituzione sia sbagliato porre la questione in termini di appartenenza partitica. Per questo noi parliamo a tutti gli italiani: i temi al centro della riforma sono trasversali all’elettorato. A riprova di questo, il fatto che dopotutto i sondaggi mostrano che il consenso per il Sì va già oggi ben oltre i numeri delle forze che in Parlamento hanno espresso il voto finale alla riforma».
 
È per questa esigenza, parlare a tutti, che nel depliant inviato agli italiani dal comitato per il Sì, tra i campioni del No ci sono Grillo, D’Alema, Brunetta, ma non Berlusconi e Salvini?
 
«C’è Brunetta e non Berlusconi perché in questi mesi ha usato, sbagliando, il referendum come ariete per abbattere il governo Renzi. Dopodiché, non conta chi c’è e chi non c’è nel depliant. Noi parliamo a tutto l’elettorato, quindi anche agli elettori di Forza Italia, Lega e M5S. Parliamo a tutti gli italiani, quindi anche ai loro sostenitori che, ne sono certo, saranno attenti alla necessità di andare verso uno Stato più leggero, con una riduzione dei costi delle istituzioni. Il tema è la riforma della Costituzione, non Renzi, e noi ci auguriamo che ci sia la massima affluenza possibile».
 
Perché più alta è l’affluenza, più il Si ha speranze di vincere?
 
«No, perché più alta è l’affluenza più sarà chiara la volontà del popolo italiano su una cosa così importante come la Costituzione. Ciò detto, credo che una affluenza alta possa andare nella direzione del sostegno al processo di cambiamento, quindi del Sì».
 
In una intervista al Qn. Berlusconi ha affermato che Renzi «viene da quella casta che dice di voler combattere». Cosa replica?
 
«Renzi è un leader politico che si è affacciato sulla scena nazionale negli ultimi anni, e il cui impegno ha sempre avuto come fulcro l’esigenza di cambiare il Paese. Negarlo significa negare l’essenza di questa riforma, che è anche una battaglia per il rinnovamento di una classe politica che non ha saputo cambiare il Paese. E della quale Berlusconi è stato un protagonista».
 
Lei ha detto di avere buone sensazioni nel Nord, specie dalle categorie produttive.
 
«Io sto girando l’Italia e ho notato grande attenzione e non solo tra le categorie produttive, e non solo nel Nord, alle questioni concrete che la riforma pone. C’è consapevolezza che questa è una occasione unica per cambiare l’Italia».
 
Che succede in caso di vittoria del No?
 
«Credo che noi dobbiamo lavorare per spiegare le ragioni del Sì. Io resto ottimista. Dopodiché, decideranno gli italiani. Se non volessero questa riforma valuteremo le conseguenze il giorno dopo. Ma tracciare oggi scenari post voto credo che sia sbagliato».

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