«La nostra proposta, il Rosatellum, resta in campo. Ma se c’è la volontà vera di raggiungere un accordo più ampio attraverso alcune modifiche pur nella conferma di questo impianto, siamo pronti a discutere e a vedere le carte».
Parola di Lorenzo Guerini, il vice segretario uscente del Pd che adesso svolge le funzioni di coordinatore politico della segreteria, e in questa veste è stato chiamato da Matteo Renzi a occuparsi direttamente della legge elettorale. Guerini, del resto, è stato al fianco del leader già ai tempi del patto del Nazareno, per lui è una materia sperimentata. Onorevole Guerini, al grido di “viva il tedesco” si va dunque avanti su questa nuova legge elettorale ora gradita a Berlusconi?
«Un momento, andiamo con ordine. La nostra proposta di metà seggi con il proporzionale e metà maggioritario di collegio, il cosiddetto Rosatellum, continua a sembrarci la più valida nell’attuale situazione, nonché quella che può permettere la governabilità , e non solo la rappresentanza. Detto questo, se su questo impianto si presentano proposte che possono allargare l’intesa, obiettivo sempre auspicabile, siamo pronti a vedere le carte. Come si usa dire, la prova del budino sta nel mangiarlo».
La proposta di Berlusconi prevede anche una sorta di scambio: sì al tedesco e sì a elezioni anticipate a ottobre.
«Non ci sono scambi da fare né da proporre, la data delle elezioni non c’entra con la legge elettorale. L’unica cosa che posso dire, quasi ovvia, è che una volta che ci saranno le nuove regole elettorali, si può votare in qualsiasi momento».
Ma se il Rosatellum per voi rimane l’opzione migliore, su che basi siete pronti a vedere le carte del “tedesco”, che è e rimane un sistema proporzionale?
«Ci sono alcuni punti chiave sui quali intendersi. E sono: lo sbarramento non può non essere alto, il 5 per cento appunto come in Germania, altrimenti si va a un Parlamento polverizzato e frammentato; inoltre si deve capire come si vuole affrontare e risolvere il tema della governabilità per noi fondamentale quanto quello della rappresentanza».
E i capilista bloccati?
«Anche qui, intendiamoci: il modello tedesco prevede i collegi da una parte e liste corte bloccate dall’altra. Non mi pare possibile far coesistere i collegi con le preferenze. Questo sì che sarebbe un ibrido».
Forza Italia è pronta, ma Alfano ha già annunciato di considerarsi con “le mani libere”: si spezza la maggioranza?
«La nostra volontà è di discutere con tutti, maggioranza e opposizione, come è giusto quando si parla di legge elettorale. L’obiettivo è arrivare a una legge elettorale di sistema, al di là degli interessi di parte di ogni forza politica. E faccio notare che sul nostro Rosatellum, i numeri al Senato ci sarebbero fin d’ora, la Lega e altri ci stanno e lo hanno detto chiaramente».
Anche il M5S già alza barricate.
«Al di là della disponibilità di facciata, i 5 stelle puntano ad un modello interamente proporzionale perché non sono interessati al tema della governabilità e men che meno sono disponibili a ragionare sui collegi, forse per la loro difficoltà a mettere in campo candidati in grado di competere».
Spostando lo sguardo a sinistra, come giudica le prime reazioni degli ex dem da poco usciti dal Pd?
«Alquanto singolari. Quando il Pd fa una proposta che favorisce le coalizioni, da loro stessi invocate, ricevendo l’apertura di Pisapia e l’attenzione di Prodi, Mdp, attraverso suoi esponenti come D’Attorre, al contrario apre un fuoco di sbarramento tra i più accaniti. Il fatto è che a loro sembra interessare il proporzionale, possibilmente con soglie basse…».
Onorevole Guerini, andiamo al sodo: in passato il “tedesco” era invocato da quanti volevano il ritorno al proporzionale, siamo quindi entrati nell’era del post maggioritario, il proporzionale è il futuro dell’Italia?
«La nostra proposta, ripeto, resta la migliore, perché, pur prevedendo una quota proporzionale, attraverso i collegi mantiene un principio maggioritario. Ma siamo disponibili, a partire da questo che sarà adottato come testo base, a ragionare sulle proposte emendatine che possano trovare il più largo consenso in parlamento. È il tempo che ciascuno scopra le sue carte».