L’Italia chiede agli Usa di premere sulla Turchia, affinché blocchi le interferenze in Libia, e si dice pronta a un maggior impegno militare per stabilizzare il Paese.
Lo fa con questa intervista il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, che ieri a Washington ha incontrato il collega del Pentagono Esper, e poi alla Casa Bianca il consigliere del presidente Trump Jared Kushner.
«L’Italia – ha detto Esper – è sempre stata un grande partner. Vorrei ce ne fossero di più come lei nella Nato».
Cosa chiedete agli Usa in Libia?
«Mettere in campo il loro peso politico, affinché vi sia la possibilità di consolidare gli auspi-ci della conferenza di Berlino, come il mantenimento di un reale cessate il fuoco e le attività di contrasto all’afflusso delle armi. Ciò richiede da un lato unapresa di coscienza dell’Europa della sua responsabilità, e la chiarezza che la soluzione non può che essere politica, ma può prevedere anche una dimensione militare a supporto. Dall’altro lato serve un ingaggio politico forte degli Usa, soprattutto perché in Libia stanno giocando una serie di attori internazionali a cui l’amministrazione americana non può essere indifferente».
La Turchia ha schierato le navi da guerra. Ha chiesto agli Usa di frenarla?
«Lo sforzo da mettere in campo è politico e diplomatico, di dissuasione rispetto alla crescita di interferenze straniere anche militari. Sulla Libia si giocano tanti interessi importanti europei e italiani, legati all’esigenza di avere un quadro di stabilità e pacificazione all’interno di un Paese unito, per il traffico degli esseri umani, le armi, la tutela degli interessi energetici nazionali. Però credo vi sia anche una dimensione più ampia e globale, relativa alla presenza in gioco di soggetti esterni, rispetto ai quali gli Usa possono svolgere un’azione importante di aiuto per il processo di de-escalation di cui abbiamo bisogno. In questo senso ho ricevuto rassicurazioni».
Siete favorevoli a rilanciare la missione Sophia?
«Bisogna riattivarla nella componente marittima, ma come ha detto il ministro Di Maio serve anche uno sforzo ulteriore, affinché sia possibile raggiungere gli obiettivi della conferenza di Berlino».
Quindi l’Italia è pronta a fare di più sul piano miliare?
«Con una decisione della comunità internazionale e un mandato chiaro, per la cessazione delle ostilità e l’embargo delle armi, l’Italia si assumerà le responsabilità a cui sarà chiamata».
Serve il via libera del Palazzo di Vetro?
«Un mandato Onu per monitorare la tregua è la strada maestra».
L’Italia intende restare in Iraq?
«In relazione agli eventi di gennaio, e nonostante le mutate condizioni di contesto, abbiamo ritenuto di mantenere la nostra presenza. Siamo stati tra i pochi Paesi che non hanno fatto uscire le loro forze, anche per dare un segno della volontà a continuare l’impegno per la stabilizzazione. Una scelta apprezzata dagli Usa, che deve portarci ad essere protagonisti della discussione a metà febbraio nella ministeriale Nato sul futuro della missione. Anche in relazione alla risoluzione del Parlamento iracheno, dovremo riflettere sulla possibilità di transitare dalla coalizione dei volontari a una missione dell’Alleanza, finalizzata ad addestrare le forze di sicurezza. Sono appena stato in Iraq, dove tutti hanno apprezzato il nostro impegno, chiedendo di continuarlo. Abbiamo ottenuto risultati importanti, che non vanno dispersi».
Gli Usa vanno verso il disimpegno militare dall’Africa.
«E stata al centro dei colloqui, soprattutto il Sahel e la sicurezza, per la presenza del terrorismo. Dopo la sconfitta in Iraq, l’Isis ha trovato in quella regione un terreno fecondo. Uno sforzo maggiore europeo consentirà anche di aiutare gli Usa a non abbandonare quell’area».
Gli Usa chiedono di terminare l’accordo nucleare con l’Iran.
«Credo si debba continuare un lavoro finalizzato alla ripresa del dialogo e all’allentamento della tensione». State considerando il ritiro dall’Afghanistan? «Vale il principio che se siamo entrati insieme, usciremo insieme. Alla ministeriale Nato rifletteremo sulla riconfigurazione della missione, ma per mantenere i risultati raggiunti, senza scelte unilaterali che possano pregiudicarli».
Trump chiede l’aumento dei finanziamenti Nato.
«Siamo impegnati in un processo di graduale aumento degli investimenti nella Difesa, non solo per gli impegni assunti, ma anche per le esigenze nazionali per mantenere l’efficacia dello strumento militare. I contributi però non possono essere misurati solo in termini di soldi, ma anche di capacità e partecipazione alle operazioni. Noi siamo il secondo contributore, dopo gli Usa».
Considera risolta la questione degli F35?
«Va affrontata in relazione alle decisioni e gli indirizzi assunti dal Parlamento. Noi siamo dentro quella linea e abbiamo confermato il programma di acquisto determinato in passato».
Gli Usa chiedono di non affidare il nostro 5G ai cinesi.
«L’Italia ha garantito il perimetro di sicurezza nazionale, estendendo il golden power alle infrastrutture 5G. Poi, anche in relazione alle conclusioni che il Copasir ha offerto a Parlamento e governo, deve essere adottato un principio di cautela che ponga la sicurezza prima di ogni valutazione economica».
Lei ha incontrato Kushner, autore del piano di pace Usa per il Medio Oriente. Come lo giudica?
«Ogni sforzo nella direzione della pacificazione e la stabilizzazione va incoraggiato, ma perché sia efficace tutti i soggetti interessati devono essere al tavolo».