Alla Conferenza di Monaco, la ministra della Difesa tedesca, Annegret Kramp-Karrenbauer, ha annunciato la riammissione dell’Italia ai tavoli internazionali che contano, Libia e Iraq anzitutto, dopo un’assenza che secondo il suo omologo italiano, Lorenzo Guerini, era “un azzardo”.
Anche il nostro responsabile della Difesa era alla Conferenza sulla Sicurezza, e in questa intervista con Repubblica racconta come si è arrivati al cosiddetto “superamento” dell’E3 – Germania, Francia e Regno Unito – e perché sulla Libia bisogna accelerare su una nuova Sofia. Che abbia anche, per l’Italia è importante, “una componente navale”.
Ministro, la ministra della Difesa tedesca, Annegret Kramp-Karrenbauer, ha annunciato che vuole rendere il formato E3 più “flessibile” coinvolgendo di nuovo l’Italia. Come si è arrivati a questo riconoscimento?
«È un tema che abbiamo posto da mesi, mesi in cui abbiamo segnalato che il formato E3 – Germania, Francia, Regno Unito – era insufficiente per affrontare situazioni di crisi e impostare efficacemente un lavoro comune. Mi riferisco in particolare all’Iraq e alla Libia, ma anche ad altre urgenze. Ne abbiamo discusso più volte con la mia omologa tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer, anche nel nostro colloquio più recente. E che lei abbia riconosciuto a Monaco la necessità di superare l’E3 includendo l’Italia, è un passo che giudico positivo».
E come si chiamerà , E4? Sarà un formato stabile?
«Adesso alle dichiarazioni dobbiamo far seguire i fatti. Per me è importante che si vada nella direzione di un superamento dell’E3. Ed è un tema su cui abbiamo insistito tutti, anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il mio collega degli Esteri, Luigi Di Maio, nei loro colloqui con gli omologhi di Londra, Berlino e Parigi».
Come li avete convinti?
«Parlare ad esempio di Iraq prescindendo dall’Italia è un azzardo. Di questi quattro Paesi presenti lì, abbiamo uno dei contingenti più significativi, 900 militari. Siamo una componente importante della coalizione anti-Isis, alla cui riunione ho partecipato in apertura della Conferenza di Monaco».
Perché questo formato si è sbloccato solo ora?
«Ormai era un impedimento più formale che sostanziale».
A dicembre però l’Italia era stata tenuta fuori da un E3 sulla Libia. L’instabilità politica perenne dell’Italia ha giocato un ruolo nel tenerla fuori finora?
«Certo, la stabilità è un elemento importante anche nell’interlocuzione con gli altri Paesi. Tuttavia immaginare soluzioni alla crisi libica, senza l’Italia in campo non ha senso, credo se ne siano resi conto. Tornando all’Iraq, per questo all’indomani dell’uccisione Soleimani, durante la crisi tra Washington e Teheran, ebbi una telefonata con il Segretario alla Difesa Mark Esper. Convenimmo sulla necessità di un maggior coordinamento tra gli alleati in Iraq. Anche alla luce di ciò, abbiamo deciso di mantenere inalterata la nostra presenza in quel Paese. Noi siamo tra i pochissimi Paesi a non aver ritirato neanche un soldato».
Adesso cosa bisogna fare in Iraq?
«Continuare il confronto con le autorità irachene per garantire la stabilizzazione dell’Iraq, anche dopo il voto nel loro Parlamento, per andare avanti nel lavoro di stabilizzazione del Paese e favorire il transito dalla coalizione alla Nato delle attività di addestramento delle forze armate irachene per garantirne il più velocemente possibile l’autonomia».
E quale può essere il contributo dell’Italia sull’Iran?
«Giustamente il ministro degli Esteri sta seguendo con attenzione quel dossier. Credo che accanto all’impegno per garantire alcuni principi fondamentali, come ad esempio la libera navigazione nello stretto di Hormuz, si debba affiancare un’attività che continui il dialogo con il governo di Teheran. Dobbiamo avere certamente un approccio fermo, ma mantenendo un atteggiamento de-escalatorio».
Sulla Libia qui a Monaco c’è stata una riunione dei ministri degli Esteri post-Berlino, il cosiddetto “Comitato dei Seguiti”. Ma i risultati sembrano modesti.
«Abbiamo seguito la questione con molta preoccupazione per l’intensificazione del conflitto in questi mesi e per la stabilizzazione del Paese che si stava allontanando,
anche a causa di un’interferenza sempre più pesante delle forze esterne. Adesso dobbiamo davvero mettere tutte le forze in campo per realizzare le conclusioni di Berlino. Dobbiamo predispone urgentemente un’iniziativa per il rispetto effettivo dell’embargo. La soluzione del conflitto in Libia deve essere politica, ma c’è bisogno di uno sforzo proattivo per realizzare anche l’altro impegno cruciale: il cessate il fuoco».
L’embargo è violato di continuo, qual è il piano per farlo rispettare?
«Credo che si debba agire efficacemente in mare. Sofia ha già tra i suoi compiti il contrasto al traffico di armi e in tal senso andrebbe potenziata, anche rimettendo in attività la componente navale».
Martedì lei e Di Maio vedrete i vostri omologhi russi, Serghej Lavrov e Serghej Shojgu. Cosa gli direte, a proposito delle continue violazioni dell’embargo?
«Che tutti dobbiamo lavorare affinché siano conseguiti gli impegni di Berlino».