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Guerini: “Bene la svolta sulle unioni ora vinciamo le città”

Uomo di grande pazienza, «un inguaribile ottimista», come si definisce lui, Lorenzo Guerini se non risparmia critiche e sferzate al M5s, ai suoi, ai dem, sempre alla ricerca di una tregua che fatica ad arrivare, manda solo segnali di pace. «Unità», è la parola d’ordine per il vicesegretario, soprattutto di fronte alla doppia sfida che il partito ha di fronte: amministrative e referendum costituzionale. Ma per un giorno, dice, vuole anche godersi la soddisfazione di un risultato politico e parlamentare storico: la legge sulle unioni civili. «Dica la verità: lei ci avrebbe scommesso un euro a inizio legislatura su questalegge?», chiede. No, effettivamente neanche 50 centesimi, considerando il passato.

 

Un risultato storico contro cui c’è chi si sta già preparando per chiedere un referendum abrogativo.

«Giovedì è stata una giornata molto importante per il nostro Paese, abbiamo colmato una lacunaprofonda decenni e questo è stato possibile grazie al lavoro del governo e del Parlamento e del Pd. Ma resta un profondo rammarico perché il dibattito in Aula è stato purtroppo contrassegnato da posizioni di assoluta indisponibilità a discutere nel merito della legge. C’è stata, da parte di alcuni, una totale chiusura e da parte di altri soltanto un tatticismo finalizzato a danneggiare il Pd, come ha fatto il M5s, che ha raggiunto il punto più basso con l’astensione accompagnata da imbarazzate dichiarazioni di voto. A chi adesso pensa addirittura di chiedere un referendum dico: fatelo. Seavrete la capacità di arrivare in fondo vi accorgerete che la maggioranza degli italiani e delle italiane ritiene questa sulle unioni civili una buona legge».

 

Ha sentito il leader del Family Day, Gandolfini? Ha detto che se ne ricorderà al momento del referendum di ottobre.

«Non ho affatto questo timore perché credo che il mondo cattolico sia una realtà complessa e articolata e non penso che le posizioni espresse da Gandolfini coincidano con tanta parte di esso. Credo, tra l’altro, che sia sbagliato mescolare le questioni. Un conto sono la discussione e il dibattito parlamentare sui contenuti di una legge, altro è il referendum sulla riforma costituzionale. Inviterei tutti a usare il discernimento per distinguere le posizioni e l’autorevolezza di chi le esprime».

 

Sarà difficile riuscire a restare al merito del quesito referendario. Non vede il rischio di uno scontro di altra natura, una sorta di consultazione pro o contro il governo, anzi pro o contro Renzi?

«Auspico che il referendum sia l’occasione di un confronto e un dibattito su ciò che serve davveroall’Italia. I cittadini saranno chiamati a dire se vogliono modernizzare questo Paese, snellire le istituzioni, superare il bicameralismo paritario e mettere fine ad un dibattito che va avanti da vent’anni, oppure lasciare che le cose restino così come sono facendo fallire l’impegno riformatore.Dare significati diversi a quell’appuntamento è un errore grave».

 

Renzi dovrebbe seguire i suggerimenti di non personalizzare troppo il referendum?

«A me sembra che Renzi abbia detto una cosa di buon senso. Questo governo è nato per fare le riforme e quella costituzionale è la più importante di tutte. Se venisse bocciata, ma non lo credo, ha detto in maniera molto chiara che ne trarrebbe le conseguenze politiche. Dopodiché è evidente che il referendum è sui contenuti della riforma. È il variegato fronte del “rio” che in alcune sue espressioni ne fa un uso politico strumentale contro il governo».

 

La minoranza Pd continua a dirvi che aspetta risposte sulla legge elettorale prima di decidere che fare al referendum. Cambierete l’Italicum?

«Sono certo che il Pd andrà compatto verso l’appuntamento d’autunno perché questa è una riforma pienamente coerente con le posizioni dell’Ulivo prima e del Pd poi e che in Parlamento è stata votata da tutto il partito. La legge elettorale è stata approvata dopo un lungo confronto al nostro interno. Dunque la sua modifica non è all’ordine del giorno e sarebbe bene non sovrapporre le questioni».

 

Questa è una campagna elettorale contrassegnata dagli avvisi di garanzia. Ieri la notizia del sindaco di Parma sotto inchiesta. Si deve dimettere?

«Non mi piace una campagna elettorale giocata sul conteggio degli avvisi di garanzia delle forze politiche. Credo si debba parlare di programmi e candidati, non di altro. Per questo non sottovaluto l’appello di tanti amministratori, ogni giorno in frontiera, a non svilire il loro ruolo. Mi rivolgo a quelli che hanno immaginato di poter lucrare sulle indagini della magistratura: lasciate stare. Il M5s quando sono arrivati gli avvisi di garanzia ai sindaci di altri partiti ha fatto i sit-in urlando “dimissioni, dimissioni”, quando sono arrivati ai loro sindaci ha solo balbettato. Farebbero bene a riflettere se è il caso di continuare ad essere garantisti a giorni alterni. Noi non abbiamo mai cambiato posizione: non si chiedono le dimissioni per un avviso di garanzia. In realtà tutta questavicenda sta mostrando la fragilità e l’inadeguatezza del dna politico e amministrativo Movimento 5s».

 

Ma i sondaggi su queste elezioni amministrative non fanno star tranquillo neanche il Pd.

«Io sono un inguaribile ottimista e i dati che abbiamo ci confortano. Il Pd ha i candidati migliori e i cittadini ne terranno conto e tutto il partito è al loro fianco per sostenerli».

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