Roberto Gualtieri è presidente uscente della Commissione economica del Parlamento europeo. Parla da deputato Pd, ma tiene a sottolineare di essere anche rappresentante del Paese nelle istituzioni europee.
Gualtieri, l’avvio della procedura per il debito è ormai inevitabile?
«Temo che la raccomandazione della Commissione andrà in quella direzione».
Ci chiederanno una manovra correttiva entro l’estate?
«È probabile. La procedura prevede la proposta della Commissione, il parere del Comitato economico e finanziario, poi la palla passerà al Consiglio, ovvero agli Stati che temo saranno più severi della Commissione».
Il governo può ancora evitare il peggio?
«Dovrebbe cercare di evitare la procedura per due ragioni: oltre a essere un messaggio negativo ai mercati, ingabbierebbe a lungo l’Italia in regole rigide facendo venir meno la flessibilità da noi faticosamente negoziata».
Sa spiegarci perché la Commissione non è rimasta soddisfatta dalla risposta del governo? Non è sufficiente invocare la scarsa crescita per l’aumento del debito?
«I rilievi della lettera su questo punto sono corretti. Il problema sono le promesse per il 2020: non si può avere insieme la riduzione del deficit, la sterilizzazione degli aumenti Iva, la fiat tax. Sono promesse irrealizzabili».
E se il governo prendesse impegni severi sulla riduzione delle spese? Il giudizio cambierebbe?
«Non esistono margini per riduzioni di spesa di quell’entità, a meno di non immaginare la distruzione dello Stato sociale. Fra Iva e fiat tax per il 2020 stiamo parlando di una manovra non inferiore ai 40 miliardi di euro. Per fare un paragone, 50 miliardi è il costo annuale dell’intero comparto della scuola. Occorrerebbe un atteggiamento completamente diverso verso l’Europa, e proposte serie come quelle avanzate dal mio partito. Per di più i toni usati da molti esponenti della maggioranza sono un ulteriore danno».
La prossima Commissione europea potrebbe essere più morbida dell’attuale con l’Italia?
«L’attuale Commissione è già stata più morbida dello spread. Come ha ammesso lo stesso governo, reddito di cittadinanza e quota cento hanno avuto un impatto modesto, largamente compensato in negativo dall’aumento del differenziale sui titoli pubblici e dalla sfiducia trasmessa all’economia. L’Europa non ha fatto nulla: Di Maio e Salvini hanno fatto tutto da soli».
Potrebbe fare differenza la presenza di liberali o dei verdi nella nuova maggioranza?
«Purtroppo l’isoamento europeo di Lega e Cinque stelle è un ulteriore elemento negativo per la nostra capacità negoziale».
E non è nemmeno possibile che Francia e Germania allentino la presa sull’Italia per fare essi stessi un po’ più di deficit, magari in nome degli investimenti?
«Il problema è che Salvini e Di Maio vogliono ridurre le tasse ai più abbienti, e questo non ha nulla a che fare con la battaglia per scorporare gli investimenti dal deficit».
Che atteggiamento avrà il Pd in Europa? Sosterrete comunque il Paese?
«La nostra bussola è sempre l’interesse del Paese. Non facciamo il tifo per lo spread, né per le procedure. Il problema è che proprio per questa ragione pensiamo che bisogna mandare a casa un governo che sta compromettendo l’interesse dell’Italia».