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Biotestamento, Giachetti: “Amo la vita ma scegliere è un diritto”

«La sofferenza fisica e morale a volte non consente più di onorare la vita in modo pieno e dignitoso. Il testamento biologico è l’espressione della volontà del vivente sul comportamento che i medici e i familiari devono tenere nei suoi riguardi se si trovasse in insostenibili condizioni di sofferenza o di incoscienza, destinati inesorabilmente alla morte»: è con il ricordo delle parole pronunciate nel 2005 da Luca Coscioni morto nel 2006 soffocato perché non volle la tracheotomia, rifiutando di continuare a vivere attaccato ad una macchina che l’onorevole Roberto Giachetti ha commentato sulla sua pagina Facebook l’approvazione della legge sul biotestamento».

Onorevole Giachetti che valore ha questo risultato?

«Lo stesso valore delle unioni civili, della legge del “dopo di noi”, di tutta una serie di leggi che in qualunque altro Paese europeo sono già da anni in vigore e che sono semplicemente leggi di civiltà. Sono molto contento che siamo riusciti a raggiungere questo obiettivo e sono molto contento che siamo riusciti a raggiungerlo anche se siamo perfettamente consapevoli che questo è un Governo nato in una situazione difficile, di emergenza e, nonostante questo, ha fatto dei provvedimenti sul campo dei diritti che nessun Governo più omogeneo, uscito vincitore dalle elezioni, è mai riuscito a fare».

Crede che la partita sia conclusa qui e quindi il risultato sia salvo anche in futuro?

«Si tratta di una delle poche cose che non possono essere messe in discussione: i Governi Renzi e Gentiloni, con il voto del Parlamento, sono riusciti a realizzare quello che per anni abbiamo atteso e che per veti incrociati e motivi di qualunque genere non siamo riusciti a fare. Quando questo Paese è riuscito ad imporre al Parlamento di garantire dei diritti, ogni qualvolta si è tentato di annullarli magari con un referendum come si è fatto col divorzio o con l’aborto i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Quindi sono assolutamente convinto che essendo questa legge voluta in modo straordinariamente maggioritario dal nostro Paese, dai nostri cittadini, che sono spesso più avanti delle loro classi dirigenti, qualora qualcuno tentasse ma dubito che lo farà in futuro di metterlo in discussione avrà la risposta del popolo italiano».

Marco Cappato ieri ha subito twittato: «Prossima tappa: #EutanasiaLegale». Lei crede che ci siano le condizioni per fare nella prossima legislatura questo ulteriore passo?

«L’eutanasia è una cosa molto diversa rispetto a quello di cui stiamo parlando. Ed è del tutto evidente che sul tema dell’eutanasia ci sarebbero come ci sono già adesso delle sensibilità molto differenti. Non credo che oggi in Parlamento ci siano i numeri per una legge sull’eutanasia. Il tema stesso non avrebbe la stessa popolarità che ha avuto il biotestamento. Qui stiamo parlando della libertà di una persona, nel rispetto dei principi costituzionali, di poter decidere che non vi sia accanimento terapeutico in una situazione drammatica di sofferenza. Le dico molto francamente; io sono un laico ma sono però anche una persona che se dovesse oggi fare una DAT (ndr dichiarazione anticipata di trattamento) non la farebbe perché laicamente penso che finché c’è vita c’è speranza. Ma questo non vuol dire che io non possa lasciare la libertà a chi la pensa difformemente da me di decidere in modo diverso. Questo significa essere in un Paese civile dove sono garantite le libertà di tutti».

Francesco Storace a margine dell’approvazione del biotestamento ha dichiarato: «Una legge per morire. Già c’era una legge per abortire. Attendiamo ora una legge per vivere e una per convincere a nascere». Lei come commenta?

«Una dichiarazione del genere si commenta da sé. Oggi dobbiamo soltanto gioire e rallegrarci di una grande pagina che il Parlamento è riuscito a scrivere».

Quanto ha pesato la battaglia radicale per il raggiungimento di questo obiettivo?

«Come sempre, quando ci sono battaglie di civiltà che riescono a trionfare nel nostro Paese c’è sempre un ruolo importante dei radicali. Non è un caso che ancora una volta i radicali il ruolo importante siano riusciti a giocarlo anche quando non sono materialmente in Parlamento. Fu così con il divorzio, fu così con l’aborto, è stato così anche con le unioni civili, battaglia sulla quale anche loro si sono mobilitati. E del tutto evidente che il risultato vede innanzitutto premiare la determinazione del Partito Democratico e dei Governi che si sono succeduti: se non ci fossero stati i voti e la compattezza, anche con le differenze di sentimento di opinione che ci sono tra i deputati e i senatori del PD, se non ci fosse stato uno straordinario lavoro per trovare un punto di equilibrio non avremmo questa legge. Ma non c’è dubbio che la spinta che i radicali hanno dato in tutte le grandi avanzate civili dei nostro Paese è sotto gli occhi di tutti».

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