A un anno esatto dalla sua uscita da palazzo Chigi presidente Gentiloni, siamo ai titoli di coda del film gialloverde? Mettete in conto che si voti a settembre?
«L’anno che abbiamo alle spalle è stato bruttissimo. Crescita zero, spread greco, aumento della pressione fiscale e della disoccupazione, grandi opere ferme, solitudine in Europa, perdita di influenza in Libia. Il governo sembra perennemente sull’orlo di una crisi di nervi ed è quindi possibile che si vada al voto. Questo equilibrio instabile potrebbe reggere per qualche mese o anche incepparsi nel giro di poche settimane».
Infatti Salvini perché dovrebbe rinunciare a passare all’incasso?
«Certo per l’Italia questo mix di minacce, veti, promesse, illusioni è molto pericoloso. E temo la prospettiva che a questo cocktail si voglia dare come sbocco una chiamata dell’opinione pubblica contro il nemico esterno di Bruxelles».
Per questo crede si arriverà ad un muro contro muro con l’Europa?
«Siamo soli in Europa come non siamo mai stati in settant’anni. L’onda sovranista non c’è stata e noi restiamo isolati con la nostra difficoltà economica, con allarmanti tensioni in diverse istituzioni. E purtroppo ci vuole poco a innescare meccanismi di emarginazione dell’Italia dall’Unione europea. L’Ue ha molti nodi da sciogliere ma fuori dall’Ue c’è solo il tradimento degli interessi degli italiani».
Che segnale è per l’Europa che due dei paesi fondatori, Italia e Francia registrino un balzo così forte dei partiti sovranisti? E’ colpa anche degli errori della sinistra europea in questi anni?
«Il pericolo sovranista non va certo sottovalutato, anche perché i riferimenti globali sono chiari a cominciare da Trump. Ma il racconto di un’onda sovranista su Bruxelles si è confermato una favola. La crescita dei Verdi l’ha quasi compensata. Salvini farà parte di un gruppo di settanta parlamentari, Di Maio sarà solo con Nigel Farage con il trolley in mano. Per fortuna nel main stream che guiderà le istituzioni europee, il Pd è il quarto partito dopo Merkel, Macron e Sanchez».
E in queste condizioni come condurrà l’Italia il negoziato sulle nomine Ue?
«Trovo umiliante per un paese come Italia essere assente dalle scelte politiche che l’Unione farà nei prossimi anni, economiche e migratorie. E assente dalla trattativa sui vertici delle istituzioni europee. Non influisce sulla scelta del prossimo presidente della Bce. Si limita ad una discussione su un posto in commissione. Ma l’esame anche su questo sarà severo e le candidature devono essere qualificate».
E arriviamo a voi. Se si votasse a settembre arrivereste impreparati e destinati a perdere?
«Vedo bene la difficoltà della sfida, ma so che il Pd ha lasciato alle spalle l’inverno del proprio scontento. Certo la vittoria di Salvini è stata nettissima e allarmante. Ma come si vede il Pd non era morto. E nemmeno è stato risucchiato dalla presunta svolta a sinistra di Di Maio. La premessa è che ogni argine al nazionalpopulismo e ogni alternativa ha come pilastro un Pd più forte e capace di andare verso il trenta per cento dei voti».
Con una coalizione che comprenda una lista guidata da Calenda?
«Calenda si è presentato con noi e ha avuto un eccellente risultato. Certo, la nostra coalizione dovrà avere oltre a interlocutori come + Europa e i Verdi, anche nuove offerte che si rivolgano a elettori moderati e di centro, così come a elettori che sono più a sinistra del Pd. L’importante è la consapevolezza che questi alleati non nascono a tavolino e tantomeno in outsourcing dal Pd. Sono contrario a vedere il Pd in modo diverso da quello che siamo. Un partito di centrosinistra, nato dall’incrocio delle culture riformiste e da tradizioni socialiste, ambientaliste, cattoliche, liberali. Un partito non certo autosufficiente, ma nemmeno che si autoriduce».
Ma crede davvero che sarete in grado di inventarvi una coalizione vincente contro Salvini?
«Non dico sia facile ma l’impresa è entusiasmante e possibile. Alle Europee il Pd e i suoi potenziali alleati raggiungono meno del 30 per cento; ma in molte città alle amministrative abbiamo dimostrato di poter andare ben oltre. C’è dunque uno spazio per un centrosinistra che arrivi alla maggioranza per governare. E va cercato in diverse direzioni. Capisco che il dibattito si concentri sull’area moderata o centrista per l’evidente subalternità di Forza Italia a Salvini. Ma segnalo che bacini ancora più larghi sono rappresentati da milioni di astenuti e da un elettorato molto mobile dei 5Stelle».
Farete le primarie per il candidato premier?
«Dobbiamo lavorare sul programma per l’alternativa e costruire una coalizione in grado di competere. Questo è l’obiettivo della Costituente delle idee lanciata da Zingaretti: Europa, meno tasse sul lavoro, ambiente, la sfida della conoscenza. Poi sceglieremo la leadership nei tempi e nelle modalità che discuteremo insieme».
E lei è pronto a mettere in gioco il suo nome?
«Fare il toto-candidati oggi è ridicolo».