Caro Direttore, due anni fa, a Genova, sul Bisagno e sugli altri torrenti che sotto-attraversano la città lavoravano solo avvocati e giuristi, giravano solo le carte dei ricorsi e dei controricorsi.
Oggi vediamo operai e ingegneri, betoniere e camion e, finalmente, inauguriamo il cantiere del rifacimento dell’ultimo tratto del torrente per l’allargamento della sezione idraulica. È un’opera da 95 milioni che si aggiunge agli altri 8 cantieri anti-alluvione per un totale di 402 milioni che lo Stato investe perché Genova non resti ostaggio delle alluvioni.
È il più grande investimento in atto per la difesa idrogeologica in una grande città europea. Sono interventi in corso immaginati e attesi da decenni dopo aver visto dolore, tanta rabbia, solidarietà concreta, contestazioni, danni enormi, disperazione. Voltiamo pagina, ci lasciamo alle spalle gli errori idraulici e le urbanizzazioni incoscienti che hanno reso fragilissima questa terra aumentando il rischio di alluvioni e frane e facendo franare la credibilità della politica e dello Stato. Sì, è una pagina che andava chiusa, e noi questo abbiamo iniziato a fare, molto concretamente, partendo dall’abbattimento, con il decreto Sblocca Italia, delle burocrazie ostili e delle lungaggini insopportabili, che hanno portato negli anni alla dittatura dei ricorsi.
Due anni fa presi un impegno preciso come Governo con l’istituzione dell’unità di missione #Italiasicura. Oggi, con “Casa Italia”, rafforziamo il concetto passando dall’inseguire sempre ogni emergenza alla prevenzione strutturale, per ridurre il più possibile gli impatti dei grandi rischi naturali amplificati purtroppo e quasi sempre dalla mano dell’uomo. Sarà un cammino lungo, una prospettiva che coinvolgerà generazioni. Non era mai accaduto nella nostra storia repubblicana, e per noi il finanziamento della sicurezza è un investimento, non è una spesa. E le burocrazie europee dovranno farsene una ragione.
Porto con me le parole di un grande genovese come Renzo Piano, che ha deciso di dare una mano con le sue idee: “Inseriamo il rischio-alluvione nella quotidianità, perché non si possa più dire “è stata una fatalità””. Questo per me è un obbligo morale prima che politico che non ha e non deve avere bandiere di partito. Dividiamoci su ma su questo obiettivo dobbiamo essere uniti.
Questo governo, ma lo dico senza retorica e con l’umiltà che serve, è accanto ai genovesi e ai liguri che hanno alle spalle tanti, troppo momenti drammatici; è con le migliaia di operatori del sistema di Protezione Civile, con il volontariato, l’esercito, gli angeli del fango, gli amministratori. E finito per tutti il tempo per bluffare. E finito il tempo in cui Roma se ne occupava per cinque giorni scarsi dopo un`alluvione, con annunci di piani faraonici senza mai crederci. E chiudeva gli occhi su abusi e cemento. E inseguiva le tragediea come un tristissimo ufficio notarile solo per contare disastri e vittime.
Se c’è stata una Italia che ha saputo solo lamentarsi o sbraitare, se c’è chi continua a farlo magari sperando che vada sempre tutto male anche oggi in vista del referendum del 4 dicembre che cambierà finalmente in meglio la politica e lo Stato, noi ci rimbocchiamo le maniche. Il nostro destino di italiani non è aspettare la prossima alluvione o la prossima frana o le macerie di un terremoto, ma è la loro prevenzione, è il presidio della sicurezza del territorio, è la qualità dei progetti, è la garanzia della loro messa in opera.
Chi ci guarda, si meraviglia che il Paese più bello, geniale e meraviglioso del mondo, dei più coraggiosi navigatori, degli italiani sempre primi nelle soluzioni tecniche per affrontare qualsiasi problema, bravissimi ad esportarle all’estero, possa essere ancora in balia degli eventi. Se ce la facciamo qui, a Genova, ce la farà l’Italia intera. Facciamo vedere, con un gioco di squadra, di cosa siamo capaci.