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Franceschini: “Come nel Dopoguerra serve un paese unito, il tutti contro tutti ci porta alla disgregazione sociale”

Ministro Franceschini, che impressione le ha fatto l’immagine di Mattarella all’Altare della Patria con la mascherina?

«Quella è una fotografia di una potenza assoluta che dà un messaggio fortissimo. Ci fa capire che dobbiamo andare avanti senza paura».

Ma cosa abbiamo davanti?

«Normalmente il 25 aprile è sempre stato il giorno in cui noi abbiamo celebrato e ricordato quello che è stato prima: la Resistenza, la lotta di Liberazione. Quest’anno è importante ricordare anche quello che è avvenuto dopo. Cioè gli anni della ricostruzione, che sono stati la parte più bella e virtuosa della Repubblica. In un Paese povero, distrutto dalla guerra dalla dittatura e dalla fame, attraversato da scontri politici più forti di quelli di oggi, perché segnati dall’ideologia, gli italiani si rimboccarono le maniche e diedero il meglio facendo diventare l’Itala la quinta potenza industriale del mondo».

Il che significa che il dopo sarà ancora più difficile.

«La prima fase dell’emergenza del coronavirus è stata una delle fasi più difficili che possa capitare a chiunque abbia delle esperienze di governo però in quella fase c’è stato il collante dell’emergenza, della paura del contagio che ha tenuto insieme il Paese che ha mostrato il meglio di sé stesso dando una prova di resistenza collettiva inimmaginabile. Questa seconda fase sarà ancora piu difficile, perché emergeranno i problemi in tutta la loro forza: la tenuta economica del Paese, quella sociale. Citavo la ricostruzione proprio perché in Italia questo è il bivio. O si innesca un meccanismo virtuoso e quindi emerge lo stesso clima della ricostruzione post bellica oppure il Paese si divide e parte il pericolosissimo meccanismo del tutti contro tutti. Regioni contro Stato, opposizione contro maggioranza, Confindustria contro sindacati, Sud contro Nord e il Paese rischia di disgregarsi e perdersi. Quindi la lezione della prima ricostruzione è fondamentale per noi».

Pessimista?

«Vedo dei segnali positivi in questo 25 aprile. L’immagine di Mattarella è uno di quelli. E ci sono segnali che non mi aspettavo. Ho sentito dalle finestre vicino casa cantare “Bella ciao” come se le persone avessero bisogno di aggrapparsi a qualcosa che unisce. Oppure il sindaco leghista della mia città, Ferrara, che nel suo discorso del 25 aprile cita mio padre partigiano».

Allude a un governo di unità nazionale?

«No, non c’è nessun retroscena politico, non alludo a niente, non penso a governissimi o altre amenità del genere. Dico che il Paese, pur nella normale fisiologia dello scontro politico, o si mostra unito e imbocca una missione collettiva di ricostruzione, come seppero fare i nostri genitori democristiani o comunisti che fossero, oppure rischia un fenomeno pericolosissimo che è quello dei tutti contro tutti, della disgregazione sociale. Siamo a un bivio e bisogna che ognuno faccia la propria parte indipendentemente dal fatto di essere maggioranza o opposizione, politico o cittadino, operaio o imprenditore, perché abbiamo di fronte a noi una grande opportunità ma anche un rischio enorme».

La ripartenza da noi tarda, l’accesso al credito è difficile, la burocrazia rallenta tutto…

«Non è solo così. In tutti i Paesi ci sono tensioni e lamentele sulle lentezze, ci sono critiche sulla gestione. E normale che sia così, poi è vero che ci sono delle pubbliche amministrazioni che funzionano meglio, che hanno meno burocrazia e so bene che ci sono state delle lentezze in Italia. Sono tutte cose vere, ma noi possiamo fare meglio degli altri: in una fase difficile gli italiani sono più elastici e creativi di altri popoli più rigidi».

Ora inizia la seconda fase…

«E non sarà breve. Uno dei criteri che dobbiamo seguire è quello di dire la verità agli italiani. Non è che arriva il giorno in cui di colpo finisce l’emergenza e si torna alla normalità di prima. Questo potrà succedere quando arriverà un vaccino ma fino ad allora dovremo convivere con l’emergenza, il distanziamento e le mascherine. Ci sarà un modo diverso di andare sul lavoro e di fare le vacanze. E dobbiamo sapere che ci aspetta un periodo carico di difficoltà. Lo Stato sta facendo e deve fare tutto il possibile, con risorse italiane e, finalmente, quelle europee, per fronteggiare questa emergenza, per non lasciare solo nessuno per non lasciare nessuno senza reddito. Ma non potrà colmare integralmente tutte le perdite di reddito che ci sono state, quindi servirà anche il contributo dei cittadini e non sarà una fase facile. Sarà difficile, molto difficile. Può essere scomodo dirlo, ma la verità va detta».

Però siamo alla fine del lockdown.

«Uscirà il Dpcm: gradualmente andremo a un allentamento in cui dobbiamo seguire le indicazioni della comunità scientifica, perché come ci hanno spiegato e rispiegato un allentamento troppo veloce potrebbe di colpo fari ripartire il contagio. Dovremo trovare un equilibrio tra l’esigenza di far ripartire la società e l’economia e quella di tenere sotto controllo i contagi. Se sommiamo le difficoltà di un ritorno alla normalità e contemporaneamente le difficoltà economiche e sociali il prossimo potrebbe essere un periodo carico di tensioni ingovernabili o viceversa un periodo dinamico in cui ognuno fa la propria parte. Certo questa fase non è paragonabile alla guerra però è un punto di rottura. Recuperare il senso di un’unica comunità nazionale che vive unità una missione collettiva è la sola strada che dovremo seguire».

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