“I cittadini che hanno reclamato ‘rappresentanza tout court’ si troverebbero di fronte a governi con programmi ‘contrattati’ tra forze politiche di diversa ispirazione e, dunque, a un’azione continuamente rinegoziata, a una composizione delle due Camere frammentata e difficilmente gestibile con un conseguente ritardo sulla traduzione della decisione politica in legge”.
È il rischio che la ministra Anna Finocchiaro individua, in una lettera pubblicata oggi su ‘Il Corriere della Sera’, nel caso di un ritorno al sistema proporzionale.
“Alcuni commentatori hanno richiamato alla memoria il contesto e i drammatici effetti che seguirono alla crisi in Germania della Repubblica di Weimar: un paragone che rischia, anche a mio avviso, di tornare attuale nell’Italia dei prossimi anni.
Qualcuno – prosegue la ministra per i Rapporti con il Parlamento – obietterà che non si tratti di niente di nuovo rispetto ai primi decenni di storia repubblicana. Con una fondamentale differenza: prima c’erano partiti di massa in grado di essere vero tramite tra cittadini, territori e istituzioni, luogo di partecipazione e di elaborazione di proposta politica, di formazione di quello che chiamammo (anche un po’ enfaticamente) ‘intellettuale collettivo’, che fu essenziale per garantire saldezza democratica in momenti tragici della nostra storia, sede di formazione e selezione delle classi dirigenti”.
“Credo – aggiunge Finocchiaro – che si comprenda, dunque, quale possa essere il livello di preoccupazione con cui si guarda a un sistema politico e istituzionale, che rischia di risultare inadeguato rispetto al difficile compito di ridare slancio riformatore, capacità e forza di governo, autorevolezza e affidabilità al Paese.
E come questo compito non possa essere forza dell’uno, ma debba rimandare alla ricostruzione di un soggetto politico, un partito per quanto ci riguarda, che sia capace di assistere in quest’opera in quanto soggetto collettivo e plurale, radicato sul territorio, capace di interlocuzione vera con il Paese. Lavoro non semplice, che deve partire dalla fatica del congresso per non esaurirlo in una competizione per la segreteria, e che ha la necessità di connettere, ma anche disseminare, laboratori di pensiero politico, riconoscendo valore ad esperienze di impegno civico, culturale, associativo. Restaurando, anche per questo verso, quella che fu l’ambizione che avemmo nel fondare il Pd”.