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Fiano: “Difendere una idea che la storia ha condannato è apologia, caratterizzarla non è propaganda”

Lei cancellerebbe la scritta «Dux» dall’obelisco del Foro Italico?
 
«Sono contrario all’abbattimento di monumenti…».
 
Per questo le ho chiesto se è favorevole all’abrasione della scritta, come proposto da Luciano Violante?
 
«L’abrasione della scritta è una cosa che è stata fatta in Italia in tanti posti».
 
Quindi è d’accordo?
 
«L’abrasione della sola scritta è giusta».
 
Così parlò Emanuele Fiano. Ed è subito polemica. Queste parole pronunciate ieri, di prima mattina a Radio24 dal deputato del Pd, padre e promotore della legge contro l’apologia di fascismo (da ieri in discussione in Parlamento) arrivano dopo una intervista in cui, durante una puntata di 24Mattino, mi ritrovo a discutere i nodi controversi del provvedimento con l’uomo che li conosce meglio di chiunque. La sortita sull’obelisco simbolo del fascismo, però, è solo uno dei nodi problematici della legge, contestata da Lega, M5s e molti opinionisti (anche di sinistra) per il modo in cui mette a rischio la libertà di opinione. Fiano spiega che sui punti controversi può intervenire la discrezionalità del giudice, e risponde agli esempi che gli sottopongo che esiste una differenza tra il possesso di «simboli fascisti» e il farne un uso propagandistico. Ma la differenza in molto casi è un «dipende».
 
Onorevole Fiano, non bastavano la Costituzione e le leggi esistenti, la legge Scelba e la Mancino?
 
«Fino ad oggi nel nostro Paese le sentenze sull’apologia del fascismo sono arrivate a condanna solo nel caso il magistrato abbia riconosciuto la volontà di ricostruire il partito fascista: cosa che sarà successa solo una volta su mille casi».
 
Meno male. Perché avrebbero dovuto?
 
«I magistrati, legittimamente, sono risaliti al punto della Costituzione. La legge che noi proponiamo, invece, non individua e sanziona un unico vulnus la ricostituzione del partito fascista ma anche la propaganda neofascista».
 
Lei conosce una famosa frase di Panetta, che spiegando la posizione del Pci, contrario al mettere fuorilegge il Msi, diceva: «Gli elettori non si sciolgono». Non la condivide?
 
«Bisogna sempre stare attenti a fare paragoni con la storia perché le cose si evolvono. Facebook, non la magistratura, ha chiuso una pagina che propagandava i comizi di Goebbels degli anni Trenta, per giustificare il razzismo oggi».
 
Mi faccia capire: se passa un poliziotto e vede qualcuno con una celtica o un fascio al collo non deve intervenire?
 
«Sì. Mentre se in una manifestazione vengono ostentate bandiere o simboli all’interno di una iniziativa neofascista la cosa è molto diversa».
 
Cioè?
 
«La caratterizzazione delle proprie idee non è atto di propaganda. Farlo per difendere una idea che la storia ha condannato invece è un atto di apologia».
 
A Predappio le amministrazioni comuniste, dal dopoguerra in poi, hanno amministrato senza traumi persino il fenomeno del turismo nostalgico. Lei che farebbe?
 
«Accoglierei la proposta del sindaco di quel Comune che, al posto di quei negozi, ha proposto l’istituzione di un museo storico anche in quella città che ovviamente ha un legame con la figura di Mussolini».
 
Cioè?
 
«Un museo di spiegazione di cosa è stato il fascismo, di tutto il percorso della sua storia, di ciò che ha prodotto, causato, di ciò di cui è colpevole».
 
Ma questo museo è solo parte del problema. E il resto?
 
«In Germania ci sono esempi di musei legati alla storia del nazismo che insegnano alle nuove generazioni o anche a quelle vecchie esattamente tutto quello che è successo. Raccontare, spiegare anche introdursi nelle contraddizioni di un pezzo di storia, senza infingimenti, è giusto».
 
Ma i gadget e i cimeli?
 
«Dipende».
 
Da cosa?
 
«Facciamo un esempio: il vino Dux è un gadget che fa propaganda al fascismo? Dipende. Ci sono casi in cui questo è oggetto di propaganda, ci sono vetrine in Italia in cui viene propagandata l’ideologia fascista e in più c’è la bottiglia con l’effigie di Benito Mussolini odi Hitler e altri casi in cui è un esercizio di collezione privata».
 
E come si distingue?
 
«Rifacendo l’esempio della Germania, lì è reato vendere oggetti con quelle effigi e nessuno se ne scandalizza. Il problema della legge è la propaganda non l’opinione: per essere sanzionati bisogna esercitare l’atto di propaganda».
 
Quindi è vietato vendere?
 
«A nessuno sarà impedito di avere una collezione con l’effigie…».
 
…Della Buonanima? D’accordo. Ma venderle?
 
«Se questa vendita si verifica nel contesto di fiere che fanno propaganda ai valori del fascismo non si può».

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