Secondo Piero Fassino, l’offerta lanciata da Roberto Speranza a Matteo Renzi è un filo che va tessuto. L’ex sindaco di Torino responsabile Esteri del Pd parte dall’unica preoccupazione che sembra accomunare il segretario dem e il leader Mdp: «Destra e populismo avanzano in tutt’Europa, il centrosinistra ha il dovere di mettere un argine a un fenomeno che non riguarda solo il nostro Paese, ma l’intero occidente».
Crede che la sfida dei bersanani debba essere raccolta?
«Considero l’intervista di Speranza un passo avanti e credo sia figlia di una vera preoccupazione, davanti al rischio che una sinistra divisa offra alla destra o al populismo un vantaggio insperato. E una disponibilità che va colta, ma il dialogo deve essere libero da pregiudizi».
Mdp pone condizioni non da poco.
«Se il dialogo comincia dicendo togliete il Jobs Act, la Buona scuola, il Rosatellum, la trattativa si arena subito. Per questo dico che è importante che da parte di tutti ci sia disponibilità, e anche generosità, per cercare quelli che possono essere punti di intesa senza chiedere “abiure”».
Non mettere la fiducia sul Rosatellum può essere un segnale distensivo?
«Certo, anche perché alla Camera si è ricorsi al voto di fiducia per le decine e decine di voti segreti, per evitare che invece di una legge elettorale venisse fuori un vestito d’Arlecchino. Preoccupazione che deve valere ancora: una legge elettorale deve avere una sua coerenza, non può essere la somma di cose opposte. Comunque deciderà il governo, non credo che per noi la fiducia sia una questione dirimente».
Jobs Act e Buona scuola tornano sempre, a proposito di richieste di “abiure”. Crede siano ostacoli insormontabili?
«Il Jobs Act ha portato 978mila posti di lavoro nuovi, il 60 per cento a tempo indeterminato e il 40 a tempo determinato. Uno spazio di confronto può essere questo: quali misure possiamo prendere per accelerare la stabilizzazione di quel 40 per cento? Così come da tempo i tre sindacati confederali chiedono di riformulare la norma sui licenziamenti collettivi: proviamo a risolvere questi punti. Ma facciamolo all’interno di una legge che non può essere giudicata un fallimen-. to: il numero degli occupati in Italia è tornato ai livelli del 2008».
E sulla scuola?
«Intanto la ministra Fedeli ha già apportato una serie di correttivi concordati con le organizzazioni sindacali. Su altri possiamo discutere. Ma dire che l’alternanza scuola-lavoro è fatta per offrire manodopera a basso costo non è assolutamente vero, basta guardare la realtà delle cose».
Un problema di politiche, non personale, dice Speranza. Ci crede? «Prendo atto di queste parole, diverse da quelle ascoltate in questi mesi. C’è un grande dibattito sul premier. Voglio ricordare che in tutta Europa c’è una regola non scritta, ma applicata ovunque, dalla Norvegia alla Spagna alla Germania: assume l’incarico di primo ministro il leader del partito che vince le elezioni. Non capisco perché l’Italia debba essere l’unica eccezione».
La candidatura a premier di Renzi non si tocca?
«Non per un’imposizione o un atto di arroganza, ma per quella regola oggettiva applicata ovunque».
Questo filo di dialogo parte a pochi giorni dalle elezioni in Sicilia, dove per le sue divisioni il centrosinistra si appresta a pagare un prezzo altissimo.
«In Sicilia è stato fatto un errore che dovrebbe indurci a non sbagliare in ancora».
Pensa si possa arrivare a un’alleanza organica o a forme di desistenza? «In passato si è fatta anche la desistenza, ma è presto per parlarne. Adesso l’importante è che non ci siano paletti a priori, veti o pregiudiziali. Sediamoci attorno a un tavolo e discutiamo».