Piero Fassino è stato uno dei primi a dire che «la sicurezza non è né di destra né di sinistra». E quella frase dell’ex segretario dei Ds, già sindaco Pd di Torino e capo dell’Anci, aprì un varco nel centrosinistra.
Sul tema migranti si sta giocando il vero confronto-scontro politico?
«Ci vuole razionalità. Il dibattito è intossicato da affermazioni senza fondamento, per esempio quella secondo cui basterebbe una gestione più dura per rispedire a casa 6 milioni di migranti che vivono da anni regolarmente in Italia e si fa finta di non vedere che questa moltitudine si ritrova in ogni attività economica. Lega e M5S continuano a far credere che se ne possa fare a meno: è disonestà intellettuale».
Ma anche il Pd è costretto a entrare nell’agone.
«Il problema è avere una strategia politica razionale. I dati ci dicono che nel 2005 gli europei erano 730 milioni, tra 12 anni saranno 700 milioni. Vuol dire che le politiche a sostegno della natalità non scostano di tanto una dinamica inarrestabile, ossia che l’Europa ha bisogno di un apporto di risorse umane che vengono da fuori».
Però ci sono gli sbarchi.
«Ma sono figli della cecità di un’Europa che per molti anni non ha voluto vedere il problema. L’Africa ha 1,3 miliardi di persone, nel 2050 saranno 2,4, alla fine del secolo 4,5. Abbiamo bisogno da un lato di un’accoglienza ordinata, affinché gli sbarchi non destabilizzino la società, dall’altro di politiche di sviluppo nei loro Paesi».
Lei approva il famoso ‘aiutiamoli a casa loro’?
«Sì, è stato però interpretato male: è buonsenso. O noi li facciamo vivere meglio a casa loro o è chiaro che saremo sempre più esposti ai flussi migratori».
Non è uno slogan leghista?
«No che non lo è. Salvini vuol dire: stiano lì, non è un tema nostro, si aggiustino. Renzi dice un’altra cosa: investiamo e facciamo crescere quei Paesi».
Paletti alle ong, svolta sugli sbarchi: il governo abbina accoglienza e legalità. E giusto?
«E giusto perché se vogliamo che gli italiani accolgano e integrino chi arriva dobbiamo dare la certezza che non sono in discussione la loro sicurezza e i loro diritti».
Nel Pd sono emerse sensibilità diverse.
«Non credo, siamo alle solite, bisogna dire che il Pd è diviso».
Minniti ha parlato di democrazia a rischio, è d’accordo?
«Non è che ogni parola di un dirigente debba essere sottoposta a esame. Se dovessi giudicare tutte le parole di Grillo e Salvini…».
Orlando e Delrio hanno posizioni molto diverse dal Viminale.
«Minniti non ha detto che c’è il colpo di stato, suvvia. Ha voluto dire: se non governiamo un fenomeno che suscita inquietudine il rischio è che ci sia qualcuno che pensi che si possano mettere in discussione principi e legalità. Sono sicuro che Orlando e Delrio condividono questo ragionamento».
Non tutta la sinistra ha gradito la svolta Minniti, il politico di sinistra più stimato a destra.
«Guardi che la stragrande maggioranza, della gente di sinistra apprezza quello che sta facendo. Se facessimo un referendum tra gli elettori di centrosinistra Minniti prenderebbe una barca di voti. Ci siamo liberati da tempo dell’idea che la sicurezza sia di destra».
Lo Raggi ha chiesto al governo di poter utilizzare le caserme por l’accoglienza dei rifugiati. E d’accordo?
«Idea lanciata mille volte, bisogna attrezzarle però, perché non si possono mettere le persone in un luogo in disarmo».
I Comuni sono schiacciati dall’emergenza profughi?
«C’è l’esigenza di affrontare il problema della casa con strumenti più efficaci, sia quando si parla di sgomberi sia quando si parla di sfratti. Non mancano i luoghi per la ricollocazione, ma sono privati e servono risorse per sostenere il costo del canone».
I sindaci dovrebbero avere più poteri?
«Più risorse. Più poteri non basta».