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Emiliano: «Gentiloni non è più l’alternativa giusta a Matteo»

«Prima della Sicilia Renzi era convinto di poter ancora andare alle elezioni da solo per poi provare a fare un governo con Forza Italia. Adesso questo schema non c’è più. Per evitare una débàcle già scritta dobbiamo costruire un’alleanza con la sinistra, che in questo momento rispetto al Pd è in una posizione di forza».

 

Per evitare una débàcle già scritta dobbiamo costruire un’alleanza con la sinistra


 
I fuoriusciti di Mdp se la passano meglio del Pd?

«Sì. Perché Renzi, scusate il bisticcio, non è nelle condizioni di dettare condizioni. Quelli che sono usciti dal Pd, invece, hanno avuto molte ragioni. Dicevano che le politiche di Renzi avrebbero mandato a sbattere il Pd e così è stato. Alle amministrative, al referendum, alle regionali siciliane e, se non fermiamo questa giostra prima, anche alle politiche».

 

Michele Emiliano, dal Pd, non è uscito.

«E sono ancora convinto di aver fatto la scelta giusta perché la battaglia va combattuta anche da dentro. Ma non si possono non riconoscere pure le ragioni di chi, prima del congresso, ha fatto una scelta diversa dalla mia», mette a verbale il governatore della Puglia.

 

Bersani, D’Alema, Speranza, Rossi.

«Non c’è alternativa all’alleanza con loro. Ma ci rendiamo conto che l’unico antidoto alla vittoria delle destre rischia di essere il populismo senza volto del M5S, col Pd che rischia di far scomparire la sinistra e anche se stesso dalla geografia politica italiana?».

 

Ma su che basi andrebbe costruita quest’alleanza?

«Serve subito un programma».

 

Quale?

«Innanzitutto tocca cambiare il Jobs act, ripristinando l’articolo 18. Poi cambiare la riforma della scuola, riportando dalla nostra parte le migliaia di insegnanti che ci hanno voltato le spalle. Senza dimenticare l’ambiente: decarbonizzazione delle industrie subito, a cominciare dall’Ilva. Sono cose che fanno parte della storia del centrosinistra».

 

Programma? cambiare il Jobs act, ripristinando l’articolo 18. Poi cambiare la riforma della scuola, e non dimenticare l’ambiente


 
Renzi ha detto che vorrebbe un secondo Jobs act e lei cancellerebbe pure il primo?

«Renzi è uno solo. È il segretario del partito, certo, nessuno lo nega. Ma se vuole sopravvivere davvero, e non solo limitarsi a dare un futuro breve a se stesso e a qualche manciata di parlamentari amici, deve ragionare in ottica di coallAone e scrivere un programma comune a tutti. Deve sedersi al tavolo con umiltà e con delle proposte che Mdp e Sinistra italiana non possono rifiutare».

 

Orfini le risponderebbe che «l’alleanza non va fatta».

«Lo ripeto. Orfini, così come Renzi, deve capire che il Pd non può più dettare condizioni».

 

Chi vedrebbe come portabandiera e candidato premier di questa coalizione?

«Prima delle elezioni siciliane, io stesso pensavo che Gentiloni potesse fare al caso nostro. Adesso la situazione è cambiata e Renzi ha fatto di tutto per metterlo fuorigioco. Tra l’altro, Gentiloni è espressione dello stesso Renzi. Ed essendo una persona leale non si metterebbe in contrapposizione al segretario…».

 

Alternative?

«Ah, guardi, nomi non ne faccio più. Però una cosa gliela dico. Il Pd deve entrare nell’ordine di idee che il candidato premier del centrosinistra potrebbe non essere del Pd».

 

Uno alla Pietro Grasso?

«Gliel’ho detto, nomi non ne faccio. Chi fa nomi adesso vuole solo bruciarli».

 

 

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