Francesca Puglisi, com’è nato il documento sulle donne nel Pd?
«Durante una riunione di ex senatrici dell’Emilia-Romagna, Umbria e Veneto che si è tenuto a Bologna nei giorni scorsi. Il Pd ha portato in Parlamento meno donne di M5s e Forza Italia, volevamo denunciare la cosa: in 24 ore, grazie a whatsapp, abbiamo raccolto 500 firme, da Bressanone a Siracusa».
Chi sono le otto donne pluricandidate citate nel documento che avrebbero portato all’esclusione di 39 colleghe?
«Se avessimo fatto i nomi avremmo dato lo spettacolo di donne che litigano tra loro. Il punto che andava denunciato è che il gruppo dirigente del Pd ha cinicamente utilizzato la legge elettorale penalizzando le donne. Lo ha notato anche Luciana Littizzetto che ha detto “Pd uguale povere donne“».
Viene letto anche come un documento contro Maria Elena Boschi.
«No, per carità di Dio. È un documento su quel che è successo e per organizzarci per ripartire».
Bisbigliano i renziani: se lei oggi fosse in Parlamento non l’avrebbe sottoscritto.
«Un’osservazione sciocca. Non è una battaglia personale. È una questione politica e culturale. Renzi si è dimenticato che nel 2014 arrivammo al 40% grazie alle donne capolista, stavolta sono prevalsi criteri di fedeltà rispetto al merito e al radicamento sul territorio. Questi criteri sono stati perfettamente capiti dalle nostre elettrici, che infatti ci hanno abbandonato».
Come spiega l’arretramento?
«Fa parte della crisi di identità del Pd, per cui ci votano soprattutto ai Parioli a Roma o sui colli a Bologna. Un partito che non ha saputo dare una visione al Paese in cui credere combattendo le disuguaglianze».
Cosa ha pensato quando ha visto che il Pd era l’unica delegazione interamente al maschile per le consultazioni al Quirinale?
«Un senso infinito di tristezza. Ci siamo fatti superare dalla destra. Erano state in passato le donne della sinistra e le cattoliche democratiche a far camminare i diritti delle donne, ora torniamo indietro».
Cosa proponete?
«La doppia preferenza di genere alle regionali e chiediamo un riequilibrio della rappresentanza femminile anche nel partito».