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Delrio: “Non faremo salti nel buio ma serve un governo eletto”

Un tempo Matteo Renzi aveva saldamente in mano il governo e il partito. Adesso molto sembra sfuggirgli di mano. Dove avete sbagliato, ministro Graziano Dehio?

«Abbiamo perso il referendum, dopo aver condotto tante riforme in porto. Commesso tutti degli errori. Come previsto, è seguita una fase di instabilità. Le opposizioni chiedono le elezioni. E noi, che siamo un grande partito popolare, non possiamo avere paura del voto».

 

Sempre lì si torna, ministro: riuscirete a strappare elezioni a giugno?

«Senta, noi abbiamo innanzitutto a cuore che si voti con una legge elettorale che garantisca governabilità. Non abbiamo paura del voto, ma non possiamo accettare salti nel buio. Con il proporzionale rischieremmo l’ingovernabilità e nuove larghe coalizioni. Voglio che sia chiaro: senza un sistema valido non riusciremmo a risolvere dopo il voto i problemi dei cittadini, soprattutto quelli che sono rimasti indietro».

 

Se non riuscirete ad approvare la riforma entro aprile, però, slitteranno le elezioni?

«Sei mesi prima o dopo non mi preoccupano, ma teorizzare che si debba arrivare a fine legislatura solo per guadagnare pochi mesi mi sembra una posizione debole: cosa deve accadere, in questi sei mesi? Mi preoccupa piuttosto che qualcuno possa pensare che il Pd sia attaccato alle poltrone. Non permetteremo che si faccia melina».

 

Il suo collega Calenda, però, chiede di arrivare al 2018. Napolitano pure. Consa ne pensa?

«Sul punto, lo dico amichevolmente, non sono d’accordo. Abbiamo sfide decisive davanti e serve la legittimazione dei cittadini per affrontarle. Penso all’emergenza terremoto, alla povertà, alla lotta alla precarietà. E ancora, può un governo in scadenza varare la Finanziaria che ci attende in autunno?».

 

Magari vi conviene votare adesso, con il “caso Raggi” che fa traballare il M5S.

«Penso piuttosto ai cittadini romani, alle situazioni imbarazzanti a cui devono assistere».

 

Torniamo al Pd: è ancora possibile evitare la scissione?

«Bisogna assolutamente evi: tarla. Penso che si debba lavorare a un campo largo ulivista, con il Pd a fare da perno. E puntare al 40%, con una legge elettorale con le coalizioni. Solo così garantiremo la governabilità».

 

A dire il vero domina una forza centrifuga inarrestabile. Pensi a D’Alema.

«Mi sembra lontano dallo spirito ulivista. È lui che si autoesclude dal partito. Con un’operazione che sa di nuovo, ma anche di antico. Chi ipotizza un Ulivo fuori dal Pd, cade in una contraddizione in termini».

 

E Bersani?

«Lui e Speranza chiedono uno spazio di contendibilità e una discussione sui contenuti. Li seguo su questo terreno».

 

Chiedono anche il congresso, però. Glielo concederete prima del voto?

«Come dice Renzi, si può fare tutto, anche il congresso. Ma Matteo era disponibile a convocarlo e gli è stato detto di no. Adesso dobbiamo trovare il modo migliore per confrontarci».

 

Congresso o primarie?

«Le primarie di coalizione mi sembrano la formula migliore. Un modo per rendere contendibile la leadership, senza passare il tempo a costruire mini correnti. Queste discussioni non interessano il Paese: dobbiamo concentraci sulle idee».

 

Una coalizione, diceva: da Pisapia ad Alfano?

«Per me sì, perché dobbiamo valorizzare il centrosinistra che amministra sui territori, ma anche il cammino di governo comune fatto con questi settori del centro moderato».

 

Per approvare una legge con le coalizioni l’interlocutore torna ad essere Berlusconi?

«Sono tanti, gli interlocutori. Chi da sinistra e nel Pd chiede questa modifica da tempo. E sì, anche il centrodestra».

 

Davvero Renzi lancerà lei o Gentiloni come candidato premier di questa coalizione di centrosinistra?

«Il fatto che Matteo lo ipotizzi è segno che non lavora per sé, ma per il Pd. Da statuto, il segretario è candidato premier. Si faranno le primarie. Per me ha le capacità e il diritto di proporsi. In ogni caso, deciderà lui»

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