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De Vincenti: «Sulle entrate fiscali non discuteremo»

Il governo è rispettoso del voto in Lombardia e Veneto ma avverte che non c`è spazio per discutere di una diversa ripartizione delle entrate fiscali, perché la Costituzione non lo consente. Questo il messaggio che il ministro della Coesione territoriale, Claudio De Vincenti, invia con questa intervista dal suo studio di largo Chigi. «Il referendum non pone alcun problema al governo afferma -. Anzi considero un buon risultato che la Lega sia venuta oggi su un terreno di autonomia, abbandonando ogni velleità secessionista».

 

Ministro, che segnale manda questo voto?
«Il segnale che viene dal voto è quello di uno Stato che deve essere più vicino ai cittadini per dare risposte più efficaci ai loro bisogni. Non a caso l`articolo 6 della Costituzione parla di ulteriori forme di autonomia nella gestione dei servizi. Sarà questo il terreno del confronto tra il governo e ciascuna delle due Regioni»

 

Ci sarà un`intesa prima della fine della legislatura?
«Non dipende solo da noi. L`articolo n6 della Costituzione dice che, raggiunta l`intesa, essa debba essere tradotta in una legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti delle due Camere».

 

Se non si arrivasse a un accordo la tensione salirebbe.

«Non vedo perché non ci debba essere un`intesa, sempre che si ragioni nell`ambito degli articoli n6, n7 e ng, i quali escludono la materia fiscale dal confronto. Questo è confermato anche dalla sentenza della Consulta che ha espunto dal quesito originale posto dal Veneto la materia tributaria. Ilmotivo è che non si può intaccare il principio fondamentale della comune cittadinanza sulla base del quale, su tutto il territorio nazionale, si pagano le imposte in relazione alla propria capacità contributiva e si ricevono i servizi rispetto ai propri bisogni. Un ricco paga la stessa Irpef indipendentemente da dove risiede e così un disoccupato riceve la stessa indennità. Poi, siccome in alcune regioni c`è maggiore capacità fiscale, esiste il fondo perequativo per assicurare gli stessi servizi in tutto il Paese che, dice l`articolo 119, è di competenza statale».

 

Sta dicendo che i presidenti di Lombardia e Veneto hanno ingannato i loro elettori?
«Io guardo al quesito referendario e questo era corretto.Se ci fosse stato un equivoco, sta ai due presidenti chiarire che, nel rispetto della Costituzione, non si può porre il problema della ripartizione delle entrate tra centro e periferia».

 

Se le Regioni avranno più competenze riceveranno dallo Stato anche più risorse.
«Sì, ma questo significa che se lo Stato darà loro maggiori risorse, diminuirà in egual misura la spesa dal centro. Per esempio, poniamo che in materia ambientale lo Stato spende 80 e le Regioni 20; se si concorda una diversa ripartizione delle competenze, sarà proporzionalmente diversa la suddivisione delle risorse. La Regione salirà per esempio a so e lo Stato scenderà in pari misura. Alla fine sempre 1oo si spenderà».

 

Ministro, al di là dei paletti costituzionali, è innegabile che il voto sottolinei l`esistenza di una questione fiscale settentrionale.

«L`obiettivo della riduzione della pressione fiscale riguarda tutto il Paese: abbiamo cominciato con i governi Renzi e Gentiloni, continueremo nella prossima legislatura. Ma il governo è anche consapevole che alle imposte devono corrispondere servizi. Perciò, nei programmi d`investimento dei ministeri, abbiamo previsto importanti interventi al Nord, in particolare su trasporti e rischio
idrogeologico».

 

Sul referendum Renzi e il Pd sono apparsi incerti.

«Il Pd non è un partito centralista, abbiamo rispettato le autonomie. Si è trattato di un voto trasversale, non riconducibile a una forza politica. Il partito dovrà tener conto delle preoccupazioni e delle paure che percorrono il Paese, trovando risposte che facciano capire come le paure si vincono tutti insieme. L`autonomiaè un bene quando si sposa con la coesione e la solidarietà. L`unità d`Italia è un valore su cui il Pd non transige».

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