È appena terminato l’ultimo giro di consultazioni del presidente della Repubblica. Sergio Mattarella annuncia che il mandato del governo Gentiloni è terminato e propone un esecutivo neutrale fino a dicembre, ma Lega e 5Stelle dicono subito no e rilanciano le elezioni a luglio. «Tornare al voto sarebbe un azzardo per il Paese e per il Sud. E sarebbe soprattutto un segnale di inadeguatezza delle forze politiche che hanno ricevuto il consenso dagli elettori. Nella sua saggezza, Mattarella ha offerto un governo di decantazione. Forze politiche responsabili, come lo è il Pd, dovrebbero sostenere il capo dello Stato». Parla a tutto campo Claudio De Vincenti nell’ultima intervista da ministro per il Mezzogiorno e la Coesione territoriale. Dei fondi europei («siamo in linea con il timing europeo»), del piano lavoro di De Luca («il governo ha sbloccato il turn over perché è giusto svecchiare la pubblica amministrazione, purché non diventi un ammortizzatore sociale come in passato») e del tavolo con i 5 Stelle.
Ecco partiamo da qua. Lei è un esponente autorevole del Pd. Ha condiviso la scelta di non sedersi neanche al tavolo con i 5 Stelle?
«Rispondo con chiarezza, ma faccio una premessa. Quello che mi ha colpito in questi due mesi di discussione è che le forze politiche che hanno avuto più successo abbiano parlato di tutto tranne che dei problemi del Paese. Tanto meno del Sud. Un silenzio assordante. Invece è necessario un passo in avanti, una prova di responsabilità nei confronti degli italiani. Il Sud, soprattutto, ha bisogno che la svolta impressa in questi tre anni venga rafforzata e consolidata. Per recuperare il divario con il Centro-Nord si deve mantenere la barra dritta con determinazione e metodo».
Lei fece un appello un mese fa: non cancellate il ministero per il Mezzogiorno.
«L’impegno dell’esecutivo negli ultimi tre anni dimostra che gli sforzi servono e danno risultati. Non lo dice Claudio De Vincenti, lo dicono tutti gli indicatori. È cosa doverosa e giusta che questi risultati non vadano dispersi e, anzi, devono essere potenziati perché la crescita del Sud serve alla crescita dell’intero Paese».
Si sarebbe seduto al tavolo con i 5 Stelle?
«Sì. Di fronte al fallimento dell’ipotesi di accordo tra Lega e 5 Stelle, il presidente della Repubblica ha dato mandato esplorativo per verificare la possibilità di convergenze tra Pd e 5 Stelle. Era un dovere rispondere alla richiesta di Mattarella, perché il Pd è il partito della responsabilità nazionale. Sono anche convinto che sarebbe stato difficile, forse impossibile, trovare un accordo perché siamo agli antipodi su questioni chiave: dalle politiche economiche e sociali, alla concezione della democrazia. Il confronto avrebbe significato che il M5Stelle avrebbe dovuto riconsiderare le proposte demagogiche, come il reddito di cittadinanza che peraltro hanno accantonato loro stessi, o irrazionali, come la posizione sui vaccini. Poi c’è un tema che riguarda la democrazia. Fino a prima delle elezioni hanno negato la centralità democratica del Parlamento, rivendicando la preminenza dei click. Infine l’uso politico della magistratura, che va rispettata non strumentalizzata».
Però…
«Però è stato un errore interrompere a priori. Perché ritengo che, se anche non si fosse arrivati – come è molto probabile – a un accordo sui contenuti, quello del confronto di merito sarebbe stato un modo di impostare i problemi che avrebbe dato un esempio di responsabilità ».
Durante la direzione del Pd, Vincenzo De Luca ha rilanciato il piano per il lavoro: ha detto che lo farà con o senza il governo.
«C’è un grande equivoco di fondo: nulla quaestio che la pubblica amministrazione abbia bisogno di essere ringiovanita. D’altronde con noi c’è stato lo sblocco del turn over. Ma andiamo a vedere quanto e quale personale serva davvero alle amministrazioni. Non so se in Campania servano 20 mila o 50 mila giovani. In ogni caso si assume in funzione dei servizi necessari ai cittadini. L’errore sarebbe, e non credo che De Luca pensi questo, concepire la pubblica amministrazione come un ammortizzatore sociale. Anche perché lo stesso obiettivo indicato dal governatore dei 200 mila giovani da impiegare, per quanto ambizioso, non risolverebbe comunque il problema occupazionale del Sud».
La lettera inviata a De Luca, di cui parla Repubblica, è una critica per la lentezza nella spesa dei fondi europei?
«Questa storia è una tempesta in un bicchiere d’acqua. È la stessa lettera che ho inviato a tutti i presidenti di Regione, da Nord a Sud. Non è una critica, ma una sollecitazione. Lo stato dei conti campani, tra l’altro, è in linea con quelli nazionali».