“Vogliamo dirla come va detta? Ebbene, se vuole avere una prospettiva nel partito e nel Paese, Renzi deve rompere con il renzismo”. Lo afferma Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro e oggi leader, insieme con Maurizio Martina, di una componente in crescita nel PD (“Sinistra è cambiamento”, con 40 deputati e una decina di senatori), in una intervista al Quotidiano Nazionale.
“Insomma, serve discontinuità, a cominciare dalle politiche sociali, perché è su quel terreno che il partito e il governo hanno perso”.
E aggiunge: “Ero contrario a un reincarico a Renzi. Sarebbe stato sbagliato politicamente e per Renzi stesso. Così come ero contrario alla corsa al voto a febbraio. E, dunque, la soluzione Gentiloni è l’unica possibile. Ora, secondo l’agenda indicata dal premier incaricato e dalla saggezza del Presidente della Repubblica, si lavori sulla legge elettorale e sulle emergenze, a partire dalla ricostruzione post-terremoto, e a giugno si vada al voto, Gentiloni è una persona capace.
Certo, la risposta deve anche riguardare i contenuti delle politiche. Partendo dal presupposto che i messaggi del malessere – principalmente del ceto medio – al governo e al partito erano arrivati già prima di domenica scorsa: basti pensare all’esito delle amministrative, ci deve essere una rottura dell’asse di governo precedente che nelle sue politiche ha adottato soluzioni alternativamente di destra e di sinistra sui temi sociali.
Credo che questo governo, pur nella sua breve durata, debba dare un segno di discontinuità guardando a sinistra: penso alla proroga delle assunzioni dei precari nella Pa, al rinnovo del contratto del pubblico impiego e all’avvio, a maggio, dell’Ape social già contenuto nella legge di Bilancio. Ma penso anche ai referendum su articolo 18, appalti e voucher promossi dalla Cgil”.