Come giudica, dai suoi primi passi, questo governo?
«Ho sempre sostenuto la necessità, stando all’opposizione, che per me non è una novità, di sfidare chi governa sui contenuti. Non ho mai condiviso giudizi sbrigativi del tipo “sono fascisti”, perché le valutazioni devono essere più attente e articolate. Purtroppo, dal discorso di Conte è difficile ricavare dei contenuti che assomiglino vagamente ad un programma di governo e mi colpisce soprattutto la leggerezza con la quale i gialloverdi trattano temi estremamente delicati, come l’Alleanza atlantica e il posizionamento internazionale dell’Italia, che difficilmente può coesistere con una strizzatine d’occhi a Putìn. Tutto questo mi preoccupa e non vedo l’ora di poter avviare una vera sfida sui contenuti, appena emergeranno. Per ora, mi sembra che siamo di fronte a tutto e il contrario di tutto, come di mostra il can-can sulla flat tax».
Gli interventi di Renzi e Delrio in Aula sono andati nella direzione di un’opposizione dura.
«Sì, io penso in particolare che l’intervento di Delrio abbia posto le questioni in modo efficace. Il Pd deve svolgere il suo ruolo di opposizione, al tempo stesso facendosi carico dei problemi del Paese e delle preoccupazioni nei confronti del rischio di un cattivo governo. Dobbiamo insistere e dire la nostra su ogni punto che verrà esaminato, soprattutto in vista della grande prova della legge di Bilancio, che mostrerà in modo chiaro le linee sulle quali questo governo si muoverà, per ora molto contraddittorie».
Da ex ministro del Lavoro, cosa direbbe al suo neo-omologo Di Maio?
«Innanzitutto vorrei capire chi gliel’ha fatto fare di caricarsi sulle spalle due ministeri “monstre” come il Lavoro e lo Sviluppo economico. Ministeri “di spesa”, che hanno bisogno di risorse finanziarie per qualsiasi provvedimento. Ancora una volta più abile è stato Salvini, che ha scelto un ministero dal quale può intercettare la pancia del suo elettorato con qualche intervento a costo zero, ad esempio la legittima difesa domiciliare».
Qualche consiglio, invece?
«Innanzitutto direi a Di Maio di muoversi coi piedi di piombo quando parla di pensioni, perché è materia molto delicata. Per esempio, l’ipotesi di “quota 100” (64 anni di età e 36 di contributi) è una soluzione inefficace, che coinvolgerebbe una platea relativamente ridotta e non risolverebbe il problema degli esodati. Quando eravamo al governo ne abbiamo messi al riparo 153mila con 8 salvaguardie: sarebbe opportuno prevedere la nona e conclusiva. In materia di licenziamenti non ho sentito una parola, ma credo che la proposta del PD in commissione Lavoro alla Camera, quella di aumentare gli indennizzi per i licenziamenti individuali illegittimi, passando a 4 a 8 mensilità di risarcimento, andrebbe nella direzione di fare ciò che Di Maio dice a parole: combattere la precarietà».