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Cuperlo: “La manovra è la prova del dialogo”

«Se si vogliono superare le divisioni è ora di parlarsi», dice il deputato Pd Gianni Cuperlo che si dice soddisfatto delle parole di Renzi nel non porre veti per allargare la coalizione. Lui, proprio lo sfidante di Renzi alle primarie, che dal palco di Pietrarsa il giorno prima aveva detto al segretario: «Occorre cambiare il percorso del treno».
“Non basta una leadership” dice lei e auspica che “Renzi cambi il percorso del treno”. Per andare dove? Con i cespugli (tipo socialisti e Verdi) o verso Mdp?

«Ho parlato di un cambio di percorso a iniziare dai contenuti. E il primo contenuto è riconoscere che la crisi ha segnato milioni di persone e incrinato certezze fino nel cuore della classe media. Di fronte a questa novità una parte del nostro mondo non ha più trovato nella sinistra le risposte per bisogni sempre più incalzanti. O ripartiamo da lì, dai sentimenti di chi è rimasto più offeso o pagheremo un prezzo elevato. In questo senso le alleanze sociali e politiche non sono la premessa ma la conseguenza».

 

Nel caso si vada solo verso Pisapia non c’è il rischio di avere Mdp sempre come nemico?

«Insisto, le alleanze sono il risultato del percorso che scegli. Una cosa è ridurre le tasse sul lavoro o incentivare le imprese a investire, altra fare nostra la sintesi della destra quando invoca “meno tasse per tutti”. Detto ciò è evidente che la sola speranza di vincere sta nella costruzione di una alleanza larga, civica, inclusiva e in questo senso direi che Pisapia ha seguito nei mesi passati una linea coerente.

 

Gentiloni auspica coalizione ampia da centro a sinistra. E Renzi a Pietrarsa apre timidamente. Ma sembra quasi per questioni di mera cortesia alle parole del premier. Ma chi vuole di più questa coalizione Renzi o Gentiloni?

«Per la verità le parole di Renzi mi sono parse esplicite. Ha negato qualunque veto e rivendicato il merito di una coalizione ampia, dalla sinistra fuori dal Pd al centro democratico. L’idea coltivata ancora di recente di un’autosufficienza del partito più grande mi pare definitivamente archiviata. Adesso è compito di tutti fare in modo che le tessere si incastrino per evitare di consegnare il paese alla destra».

 

Enunciazioni a parte non crede che per la coalizione occorre lavorare seriamente come si faceva un tempo. Insomma, concordare un incontro o un vertice.

«Se si vogliono superare le divisioni e gli ostacoli di ora parlarsi è il minimo sindacale. Lo si faccia in qualunque modo e qualunque sede. Una è di certo dev’essere il Parlamento dove approda la legge di bilancio e su quel terreno è possibile condividere poche scelte che, anche simbolicamente, vadano nella direzione che dicevo: dare di più a chi ha più bisogno a cominciare dal Sud. Sempre il Parlamento può votare la fiducia sullo Ius soli e anche quello sarebbe un segno della volontà di camminare assieme. Insomma servono volontà e quella dose di umiltà che tifa scorgere la quota di vero nelle ragioni dell’altro».

 

Renzi parla di un’Italia uscita dalla crisi. Lei si ritrova in questa fotografia? E Renzi fa bene a intestarsi questi meriti?

«La ripresa c’è ed è un fatto importante. Sono indicatori economici che riguardano l’industria e i suoi ordinativi, l’export, la fiducia dei consumatori. Naturalmente sarebbe assurdo dire che i problemi sono tutti alle spalle perché così non è a partire dal tasso della disoccupazione e dal fenomeno di nuove e vecchie povertà. Penso che la campagna elettorale non si giocherà e non si vincerà sulla pagella del passato ma sulle prospettive per il dopo e questo ci riporta diritti al bisogno di unire le forze e le proposte migliori. Senza pregiudizi e paraocchi, soprattutto alla nostra sinistra. È chiaro che questo ragionamento va condotto reciprocamente e mi auguro che anche in quel campo sia la saggezza a prevalere».

 

C’è un tema importante come il Nord perduto: studi e sondaggi lo danno per perso alle politiche. Senza contare il recente referendum. Ma se si perde il Nord quale partito parlerà con gli imprenditori e quel residuo di classe operaia?

«Il Nord è tema assai complesso e non si risolve in una battuta. Potrei dirle che dove il centrosinistra non si è spezzato noi abbiamo vinto come a Milano. Aggiungo che la spinta autonomista che i leghisti hanno cavalcato coi referendum di domenica scorsa dovrebbe almeno fare i conti con alcune pagine assai discutibili della loro azione di governo in questi anni. In quelle regioni poi, tanto residuale la classe operaia non è. Quanto agli imprenditori, con quelli seri che vogliono creare lavoro si deve parlare il linguaggio della concretezza. Rinnovare i benefici fiscali della legge Sabatini per le imprese che investono in beni strumentali e innovazione è un segno in quella direzione».

 

Lei ha seguito i lavori di Pietrarsa: che impressione ne ha tratto? servita a dare slancio al partito o è stata un a mera operazione di marketing usando un format stile Leopolda?

«La prima impressione riguarda il luogo che è splendido e mostra cosa si possa realizzare in questa parte del Paese. Quanto alla nostra tre giorni spero sia servita a far capire a tutti che la prossima sfida elettorale sarà difficile e non risparmierà toni aspri ma la condizione per affrontarla è in una proposta di governo che deve rivendicare il buono di questi anni e, assieme, avere il coraggio di correggerne i limiti. Ho ascoltato storie come quella di don Antonio Loffredo del rione Sanità che riassume bene cosa possa e debba tornare a essere la politica che ascolta e offre risposte. No, non è stata un’operazione di marketing, ma adesso è compito del Pd camminare sulla strada giusta».

 

In Sicilia il Pd si avvia verso una sconfitta: cosa è stato sbagliato?

«Spero che la Sicilia sia per tutti un monito a capire che quando la sinistra si divide perde. Conta persino il giusto rifare la cronistoria dei fatti e distribuire pro quota le responsabilità di una coalizione che non si è unita attorno a una candidatura condivisa. Conta di più l’esito. Mi auguro che alla fine i sondaggi vengano smentiti dalle urne ma da lunedì avremo comunque un argomento in più per sostenere la buona causa di un nuovo centrosinistra unito».

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