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L’intervento di Stefania Covello, responsabile Mezzogiorno e Fondi Ue

Questo appuntamento segue gli altri seminari che sono già stati svolti nelle scorse settimane e che intendono approfondire i punti tematici attraverso i quali si declina l’accordo di partenariato e l’impiego delle risorse rivenienti dalla programmazione 2014-2020. E tuttavia non lo dico per circostanza ma in relazione ad una profonda convinzione che quello di questa sera è un seminario di importanza strategica. Perché interessa oltre il merito il metodo e intende creare le giuste sinergie tra centro e periferia tra indirizzo e progettualità. Ed è per questo che abbiamo coinvolto gli amministratori e il Partito con il dipartimento formazione. Merito e metodo che si traducono concretamente: “come spendere” queste risorse.

 

Ogni singola tematica di intervento – sono undici – individuata collegialmente a livello di Unione Europea ha poi la necessità di declinarsi sui territori. L’innovazione metodologica principale, voluta in particolare dal nostro Governo, consiste nel fatto che per aspirare a trasformare la realtà attraverso l’azione pubblica è necessario che i risultati cui si intende pervenire siano definiti in modo circostanziato e immediatamente percepibile, sia da coloro che sono responsabili dell’attuazione, sia da coloro che ne dovrebbero beneficiare al fine di dare un segnale concreto di impegno e utilizzo vero delle risorse.

 

L’individuazione dei risultati desiderati deve essere effettuata prima di scegliere quali azioni finanziare e mettere in pratica. Sembrerebbe una ovvietà ma purtroppo il nostro recente passato ci dice che non è stato così.

 

E’ anche per queste ragioni che l’attenzione per troppo tempo si è arenata alla spesa e non ai benefici che sono stati apportati.

 

Questa, come le altre innovazioni di metodo, sono suggerite in primo luogo dalla prassi e dalla teoria delle esperienze internazionali di “politica di sviluppo rivolta ai luoghi”.

 

L’azione pubblica per la coesione, ha il compito di evitare che i fondi si inabissino nelle trappole della progettazione fine a se stessa e degli enti di programmazione.

 

Per questo si fa esplicito riferimento ai “risultati attesi” e “indicatori di risultato” in cui si terrà conto anche dei tempi prestabiliti per il loro conseguimento.
L’esperienza italiana degli “obiettivi di servizio” indica la realizzabilità di questa innovazione. Lo conferma la sua estensione sistematica nel Piano Azione Coesione.

 

L’esplicitazione e la misurabilità dei risultati attesi consentirà di rendere evidenti le finalità degli interventi e fornire a cittadini la verifica dell’azione pubblica.

 

Le liste di interventi, i criteri per assegnare fondi, le misure per la concessione di agevolazioni si fanno con la individuazione ex ante delle procedure e della tempistica per la definizione di bandi/avvisi. I progetti complessi di valorizzazione di aree territoriali con l’esplicitazione di modalità innovative di selezione degli interventi più rispondenti ai bisogni territoriali (es. concorsi di idee, stimolo alla domanda pubblica, etc.). In virtù di questa caratteristica, all’approvazione dei programmi operatici non seguirà, come in passato, l’avvio di un confronto su “cosa effettivamente fare” per riempire di contenuto concreto vaghe indicazioni, ma l’attuazione delle decisioni già assunte.

 

La scarsa attenzione all’attuazione e al “tempo” è stato uno dei principali mali dell’azione pubblica in Italia, in particolare per quanto riguarda i fondi europei.
Per rompere con questa “pessima pratica”, i Programmi Operativi associano ad ogni azione i suoi tempi previsti di attuazione.

 

Tali tempi si traducono in previsioni dei flussi di pagamento e corrispondente orizzonte temporale di avanzamento dei programmi.
Si tratta di innovazioni che sembrerebbero banali se non avessimo le ferite delle precedenti programmazioni. Ed è anche per questo che è stata rafforzata la trasparenza e l’apertura rispetto alle informazioni. L’accessibilità delle informazioni deve diventare priorità politica anche per affrancare la politica stessa attraverso gli amministratori della subalternità ai progettisti e alle burocrazie che si sono create intorno a questo flusso di risorse.

Trasparenza e informazioni devono andare di pari passo e insieme.

 

Il principio europeo del partenariato non è una novità in sé ma lo è per il nostro Paese ed è una conquista quella che si è verificata con l’ultima programmazione. Lo abbiamo riscontrato anche nel corso dell’ultima missione cha abbiamo svolto a Bruxelles.

 

Il punto nodale del nuovo accordo di Partenariato è la presenza di un forte presidio nazionale. La operatività dell’agenzia di coesione costituisce una importante e strategica novità. Non è un centralismo bensì un moderno principio di sussidiarietà che attribuisce le giuste responsabilità ripartendole tra centro e periferia nella triangolazione con l’Europa.

 

Ogni amministratore sa che può contare su un apparato centrale non ostativo ma con compiti di facilitazione e semplificazione per evitare di perdere tempo e risorse.

1. Lavoro, competitività dei sistemi produttivi e innovazione;
2. Valorizzazione, gestione e tutela dell’ambiente;
3. Qualità della vita e inclusione sociale;
4. Istruzione, formazione e competenze.
Sono le quattro macro aree degli 11 obiettivi tematici.

 

E per ogni territorio del nostro paese questo diventa come il compito di un sarto e cioè quello di cucire su misura politiche di sviluppo che siano in grado di far recuperare i gap presenti nel nostro paese.

 

Per il Mezzogiorno ad esempio è indispensabile partire dalle criticità presenti rispetto ai diritti di cittadinanza (sicurezza, sicurezza sociale, istruzione, mobilità, salute) e dalla carenza di attività produttive. L’uso dei fondi comunitari, va declinato su scuola, sicurezza, sanità, giustizia, servizio ferroviario, politiche di inclusione sociale.

A questo si devono associare politiche di produzione.

 

Insieme al Piano d’Azione per la Coesione, l’uso di queste risorse deve consentire interventi sulle reti al servizio delle persone.

 

L’Unione Europea inoltre punta molto sulle città nell’impiego dei Fondi e questo è possibile solo rafforzando la cooperazione e co-decisione tra diversi livelli di governo.

 

Su queste basi si deve indirizzare una nuova strategia per:
a) Ridisegnare e modernizzare i servizi urbani per i residenti e gli utilizzatori delle città;
b) Sviluppare pratiche e progettazione per l’inclusione sociale per i segmenti di popolazione più fragili e per aree e quartieri disagiati;
c) Rafforzare la capacità delle città di potenziare segmenti locali pregiati di filiere produttive globali.

 

In questo si attua una nuova governante dei fondi.

 

C’è infine il tema delle aree interne. In Italia le aree interne sono i 3/5 del territorio e però vive solo un quarto della popolazione.

 

E’ uno snodo strategico per la sicurezza del Paese. Tutela del territorio, sicurezza degli abitanti e sviluppo sono i tre cardini per il futuro delle aree interne.

 

Questa è una strategia complessiva che non è attuabile se non vi è la piena partecipazione degli amministratori locali e se non remiamo tutti nella stessa direzione.

 

Questo seminario nasce da una esigenza di confrontarci e di concentrarci sulle cose concrete e di mettere in rete tra di noi le buone pratiche e le informazioni che possono essere utili per i territori.

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