«Un divieto inspiegabile, che fa male alla città ». Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte, è irritato e amareggiato per l’esclusione di Torino da qualsiasi evento legato al G7 su industria, scienza e lavoro che s’inizia la prossima settimana alla reggia di Venaria.
Presidente Chiamparino perché Torino è stata esclusa da tutti gli eventi del G7?
«Non lo so. Ho provato a chiederlo al prefetto. Capisco il no alla cena di gala, di questi tempi potrebbe urtare la sensibilità non solo degli antagonisti di Askatasuna, ma che senso ha vietare una visita alla Maserati o a una qualsiasi altra eccellenza dell’industria torinese?».
Cosa ha risposto il prefetto?
«Nessuno sa spiegare con certezza da dove siano venuti certi ripensamenti. Chi abbia vietato che cosa. Noi poi come. Regione siamo stati coinvolti in modo molto marginale nell’evento, però, mi pare davvero un controsenso. Dove sta il rischio nel visitare un ateneo come il Politecnico o un centro di ricerca come quello di General Electric? Di mestiere non faccio l’organizzatore della sicurezza ma non mi pare una mission impossible garantire che un simile evento vada in porto».
Secondo lei ha pesato l’effetto piazza San Carlo, le migliaia di feriti nella notte più buia di Torino?
«Io credo che diversi fattori concorrano a questo clima di estrema prudenza: innanzitutto quel che è successo ad Amburgo, a luglio, con gli incidenti durante il G20. Poi certo anche piazza San Carlo ha il suo peso, il ricordo è ancora vivo. Ma niente che possa intimorire più del lecito. D’altronde sia il prefetto, sia il questore hanno deciso che non ci sarà alcuna zona rossa durante l’evento, né a Venaria né a Torino dove c’è l’albergo che ospita le delegazioni del summit. Anche questo è un segnale positivo. Chiaro che poi in quei giorni ci saranno disagi nel traffico, e qualche altro contrattempo. Ma niente di non già visto».
Come lei ha ricordato in più di un’occasione Torino ha organizzato un’Olimpiade. Quell’esperienza non è stata utile?
«Senza dubbio la situazione era un po’ più complicata di quella che si presenterà la prossima settimana. Allora avevamo le squadre di 80 nazioni, delegazioni con capi di Stato di mezzo mondo sparse per la città . Il rischio che qualcuno potesse bloccarne anche una sola con un cassonetto della nettezza urbana nella sera della cerimonia di inaugurazione era alto e concreto. Ma tutto è andato bene, Torino ha vinto anche sotto questo aspetto».
Oggi invece bastano due fantocci decapitati in piazza per far cambiare programma. Non le pare eccessivo?
«Io non voglio polemizzare con nessuno. Ripeto, ho un ruolo marginale. Da osservatore però mi chiedo quali ostacoli ci siano per impedire a esperti internazionali in industria, scienza e lavoro di visitare quel che Torino offre sotto il punto di vista industriale. Da chi sia venuto un divieto e perché. Insisto: un conto è evitare la mondanità , sulla cui utilità peraltro ho qualche legittimo dubbio, un altro è chiudere le porte alle eccellenze che Torino ha e che imprenditori e ricercatori con orgoglio vorrebbero mostrare ai rappresentanti del G7».
Considera la sindaca responsabile di questa esclusione di Torino?
«Ripeto, non mi interessa la polemica. Mi interessa che chi organizza il G7 mi spieghi perché non si possono fare alcune delle cose utili al territorio: nessuno finora lo ha fatto. E se come penso si possono fare, si facciano. Punto. Se c’è chi si oppone lo si dica e ognuno si assuma le proprie responsabilità ».
Dunque, lei rilancia la sua ricetta: no à una reggia bunker?
«Io posso capire le ragioni di sicurezza che spingono a tenere gli incontri tra ministri in un luogo difendibile come la reggia. Non ne farei neanche un dramma. È una locationbella e funzionale, ci faremo bella figura. Ma certo la reggia non può diventare un bunker da dove ministri e delegati non escono se non per andare a dormire la sera. E’ interesse di tutti far conoscere quel che la città può offrire. Un’occasione così non capita tutti i giorni. Ecco perché non capisco perché qualcuno voglia impedire di coglierla».