«La nota di Palazzo Chigi era chiarissima ed esaustiva: all’Italia non sono mai stati trasmessi elementi di fatto o “prove esplosive” sulla morte di Giulio Regeni dai servizi Usa e, passaggio chiave, il governo ha ribadito la piena
collaborazione con la procura di Roma». Nicola Latorre, presidente della commissione Difesa del Senato considera «ineccepibile» la ricostruzione di Armando Spataro ieri su Repubblica: «Non poteva essere altrimenti da parte di un magistrato rigoroso».
È possibile che qualcosa non abbia funzionato nel passaggio di informazioni tra intelligence, governo e procura?
«Ammesso pure che ci furono informazioni arrivate ai nostri Servizi, si è seguito il percorso della legge 124 del 2007 citata da Spataro. Ce lo dice Palazzo Chigi quando ricorda la completa collaborazione con la procura di Roma. Se così non fosse stato la procura avrebbe smentito».
C`era bisogno di una dichiarazione più netta da parte del governo? Sono mancati comunicati ufficiali.
«Non direi. In ogni caso il governo sarà ascoltato dalle commissioni di Camera e Senato e dal Copasir».
Secondo Spataro ci sono domande che andrebbero poste anche ai vertici dei nostri Servizi.
«Per quanto mi consta non ci sono dubbi sul comportamento dei nostri Servizi di intelligence».
Il New York Times, però, ha posto questioni delicate.
«Sono rimasto perplesso dalla tempistica di un`inchiesta di quel tipo, pur portata avanti da parte di un giornale autorevolissimo, e pubblicata facendo circolare notizie prive di fondamento all’indomani della decisione di rimandare al Cairo il nostro ambasciatore».
Qualche sospetto?
«Direi più un interrogativo: quell’articolo è più funzionale a vicende interne all’amministrazione Usa o a mettere in discussione il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo, magari non gradito perché ridimensiona quello di altri Paesi?».
In tutto ciò la verità su Regeni a che punto è?
«La decisione di rimandare il nostro ambasciatore è tesa a rafforzare l’impegno e la ricerca della verità».
La famiglia Regeni è scettica.
«La loro sete di verità è la nostra. Con le relazioni diplomatiche interrotte la situazione si era impantanata. È il momento di utilizzare la presenza del nostro ambasciatore per supportare la ricerca della verità».