Ministro, che sta succedendo?
«Sta succedendo che siamo stati riportati, grazie alla totale incapacità e spregiudicatezza di Salvini e Di Maio, nel pieno della tempesta finanziaria risponde il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda -. Inevitabile, dopo i continui riferimenti all’uscita dall’euro, gli attacchi al Quirinale, le promesse di spese folli. Il risultato è che adesso i risparmi degli italiani sono a rischio perché è diventato chiaro che una vittoria di Lega e M5S vuol dire l’uscita dall’euro e dall’Europa».
Savona non sarà ministro dell’Economia, l’incarico di formare il governo è stato dato all’europeista Cottarelli, ma lo spread è salito lo stesso. E la prova, dicono M5S e Lega che…
«Che si dicono un sacco di stupidaggini. Lo spread alla fine del governo Gentiloni era totalmente sotto controllo e l’economia in ripresa. Lo spread ha cominciato a risalire già con le bozze del programma Salvini – Di Maio, pieno di proposte economicamente insostenibili e richieste assurde come quella alla Bce di cancellare 250 miliardi del nostro debito, che prefiguravano nei fatti l’uscita dall’euro. Rischio poi concretizzatosi con l’indicazione di Savona, conosciuto per aver costruito una proposta di abbandono della moneta unica. A quel punto, non è l’Europa o i poteri forti che hanno reagito, ma i mercati, cioè coloro presso i quali dobbiamo collocare i titoli del debito per mandare avanti lo Stato. Ora la gravità della situazione è evidente».
Che cosa si aspetta?
«Il rischio vero è che se M5S e Lega non abbassano i toni e non votano la fiducia al governo Cottarelli, sia pure fissando una scadenza a breve della legislatura, il Paese non arrivi in piedi alle elezioni. Quando lo spread parte, le sue dinamiche si fermano dove si ferma la speculazione».
Gira voce che se Cottarelli rinunciasse, tornerebbe l’ipotesi di un governo politico.
«Mi sembra fantascienza. Non vedo una ragione valida per la rinuncia di Cottarelli».
Secondo i sondaggi, M5S e Lega prenderebbero ora il 90% dei collegi uninominali.
«Non credo proprio. Le prossime saranno elezioni come quelle del 1948, definiranno cioè se l’Italia vuole restare in Europa o finire in Africa. Serie A o serie C. Gli italiani non consentiranno che tutto quello che è stato costruito nel Dopoguerra venga distrutto. Noi dobbiamo dare una voce e sostanza a questo fronte di resistenza allo sfascio».
Chi, un Pd ridotto ai minimi termini?
«I cittadini che lavorano e producono. Dobbiamo costruire un fronte repubblicano molto ampio, che abbia un unico obiettivo: tenere l’Italia in Occidente e in Europa. Ci vuole una mobilitazione civica sul territorio che, abbandonando ogni interesse di parte e agenda personale, vada in soccorso della Repubblica. Il mio appello è rivolto anche alle associazioni delle imprese, dell’artigianato, del commercio e ai sindacati. Abbiamo poco tempo per bloccare questa situazione. Mobilitatevi scendete insieme in piazza, fate sentire la vostra voce».
Pensa a contromanifestazioni rispetto a quelle di M5S e Lega?
«Noi faremo già una manifestazione venerdì 1 giugno in difesa delle istituzioni repubblicane. Ma dobbiamo aiutare la costituzione di comitati civici e lanciare una campagna di mobilitazione popolare tra tutti i cittadini che, pur da posizioni diverse, sono uniti nell’obiettivo di difendere la permanenza dell’Italia in Europa e le istituzioni da chi vuole sostituirle con putinismi alla amatriciana e la Casaleggio e associati».
Che ruolo deve avere il Pd?
«Essere promotore del fronte repubblicano per le prossime elezioni».
Presentandosi col proprio nome e simbolo, in alleanza con altri partiti?
«No, con un nome, quello del Fronte repubblicano, un simbolo diverso e una lista unica, coinvolgendo tutte quelle forze della società civile e tutti quei movimenti politici che vogliono unirsi per salvare il Paese dal sovranismo anarcoide di Di Maio e Salvini. Questi non sono nazionalisti, non sanno cos’è il patriottismo. Quando Mattarella va al Parlamento europeo e Salvini dichiara “scambierei due Mattarella per mezzo Putin” si capisce che il senso dello Stato e la difesa della nazione non hanno niente a che fare con il loro pensiero».
Lo guiderebbe lei il Fronte repubblicano?
«La guida c’è già, si chiama Paolo Gentiloni. Io certamente mi batterò in prima fila al suo fianco sulle scelte di fondo che gli italiano dovranno fare: vogliamo stare in Europa o scivolare in Africa? Conservare il benessere costruito in settant’anni o distruggerlo? Difendere le istituzioni repubblicane o prendere la deriva di una democrazia populista sul modello di Putin? Avere a fondamento della vita politica la democrazia rappresentativa o i blog e le srl? E una sfida che dobbiamo affrontare con fiducia. L’Italia è più forte di chi la vuole debole».