Per la campagna elettorale prenderĂ casa a Padova e giĂ da questo fine settimana girerĂ il Veneto e il Friuli. 46 anni martedì prossimo, giĂ viceministro e poi ministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda guiderĂ alle prossime Europee la lista Pd-Siamo europei nella circoscrizione Nordest. Un voto, dice, simile a quello del 1948: «Quella volta si doveva decidere se stare con l’Unione sovietica o l’Occidente. Stavolta c’è una proposta politica, quella della Lega e dei Cinquestelle, che vuole portare l’Italia verso i Paesi dell’Est Europa, verso modelli di democrazia illiberale come l’Ungheria e la Russia».
Ăˆ confermato che sarĂ capolista?
«Sì, sarĂ² capolista della lista Partito Democratico Siamo europei nella circoscrizione Nordest. Siamo europei è la componente piĂ¹ liberale della lista e vuole rappresentare le istanze del mondo della produzione, del lavoro, dello studio. In pratica di chi fatica e che in questo Governo trova una difficile rappresentanza. Questo Governo ha sistematicamente ignorato sia il mondo del lavoro dal punto di vista per esempio dei tagli alle tasse che invece noi avevamo fatto con gli 80 euro, sia il mondo dell’impresa, indebolendo il piano Impresa 4.0 che avevo fatto e che funzionava molto bene. Si sono concentrati su una visione assistenziale dell’Italia, sia col reddito di cittadinanza che con Quota 100, fino alla rinazionalizzazione di Alitalia. L’assistenzialismo è un buon sistema per prendere voti, ma non per il bene del Paese».
Alle Europee 2014 il Pd superĂ² il 40%. Adesso qual è l’asticella?
«Riterrei un successo dal 25% in su. E il fronte complessivo dei partiti europeisti, con +Europa e Italia Ăn Comune, ritengo possa arrivare al 30%».
Cosa va cambiato e cosa funziona dell’Europa?
«Faccio l’esempio dell’immigrazione. Quando l’Europa è l’Europa degli Stati nazionali, non funziona. PerchĂ© ognuno si fa i fatti suoi. Se la Commissione “comandasse”, la ridistribuzione dei migranti sarebbe una cosa giĂ fatta. Un esempio dell’Europa che funziona è l’accordo di libero scambio con il Canada che sta dando straordinari risultati per le nostre imprese».
Se eletto a quale gruppo aderirĂ ? Al Pse, dove c’è il Pd, o ai liberali dell’Alde?
«Sicuramente non ai liberali dell’Alde perchĂ© hanno fatto parecchie cose che non mi piacciono, tra l’altro prendendosela con il presidente del Consiglio italiano che io non stimo, ma che con credo debba essere insultato nel mezzo del Parlamento europeo. GuarderĂ² con attenzione a quello che si costruisce anche intorno ai progressisti. PuĂ² essere che si allarghi un fronte piĂ¹ ampio che veda nuovi movimenti liberali nascere o il Partito socialdemocratico europeo. Questo lo vedrĂ² dopo. Chiaro che io mi sento piĂ¹ liberale che socialdemocratico».
PerĂ² è iscritto al Pd. Lei si sente del Pd?
«Sì, sono un po’ eretico, ma sono iscritto. E certo che mi sento del Pd. Il Pd ha aderito al manifesto Siamo europei. Penso che l’anima liberal-democratica che il Pd ha sempre avuto debba essere rafforzata adesso che il segretario è piĂ¹ espressione della parte socialdemocratica».
Al congresso non ha votato e ha fatto lo scrutatore.
«Fare lo scrutatore è stata una bellissima esperienza di politica per incontrare le persone. Non ho votato perchĂ© tutti e tre i candidati avevano aderito al manifesto Siamo europei e quindi fondamentalmente non volevo avvantaggiarne uno piuttosto che l’altro».
Che rapporti ha con il mondo produttivo del Nordest?
«Ce li ho molto forti da sempre, sin da quando stavo in Confindustria, poi quando ho fatto Impresa 4.0 che è stato il piĂ¹ grande piano industriale e di stimolo agli investimenti degli ultimi anni. La sfida è rappresentare chi produce e chi lavora».
Ăˆ vero che voleva in lista l’imprenditore Alberto Baban?
Â«Ăˆ uno dei primi firmatari di Siamo Europei, sarebbe stata una bella candidatura, ma Alberto ha deciso di fare il suo lavoro. Per questo non gliel’ho chiesto».
Cosa pensa del ritiro di Achille Variati?
«Spero ci ripensi, anzi, sono abbastanza convinto che ci ripenserà . Secondo me potrebbe essere il terzo in lista».
Che giudizio dĂ del governatore Luca Zaia e del fatto che continui ad avere un forte consenso, addirittura il 76%?
«Se ha un consenso così alto evidentemente è una persona capace di amministrare. DopodichĂ© ho sempre detto che la Lega che amministra è molto diversa dalla Lega di Salvini. Io penso che Zaia con Salvini c’entri molto poco».
Che autonomia darebbe al Veneto?
«Io la farei sul modello dell’Emilia Romagna, quindi un po’ intermedia rispetto alla richiesta di Zaia e Fontana. Ma l’idea che le Regioni che sono meglio amministrate godano di maggiore autonomia è giusta. Ci sono perĂ² delle prerogative che devono restare nazionali, come la scuola».