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Calenda: “Costruire una mobilitazione popolare per un’Europa più giusta e forte”

Calenda, la «sua» lista unitaria non piace al Nazareno?

«Forse non piace a Bettini e alla Toia che hanno espunto dal documento dei parlamentari europei ogni riferimento a Siamo Europei. Piace però all’82% degli elettori del Pd e alla quasi totalità di quelli di +Europa e Italia in Comune, secondo un sondaggio commissionato proprio dal Pd».

 

Al di là dei giri di parole, i dirigenti del Pd la vogliono lasciare fuori.

«Qui la questione è se vogliono lasciare fuori 150 mila persone, tra cui ci sono centinaia di sindaci e amministratori locali, da Sala in giù. Ci vuole chiarezza. Per questo ho chiesto ai candidati se Siamo Europei è ancora il loro progetto o se ce n’è un altro diverso».

 

E qual è stata la risposta?

«Tutti e tre i candidati hanno preso posizione confermando il sostegno, sia pure con diversi gradi dì entusiasmo, e questo è positivo e importante».

 

Però si tengono ben stretto il Pd.

«Nessuno glielo vuole toccare. Il nostro lavoro con Siamo Europei è costruire una mobilitazione popolare a favore di un’Europa nuova, più giusta e più forte parlando con i cittadini al di là delle appartenenze di partito».

 

Lei conferma che non voterà alle primarie?

«Sì. Non voterò. Andrò ai gazebo però. E spero proprio che, come ho proposto, ai gazebo si possa aderire al manifesto di Siamo Europei. Se vogliamo che molta gente venga è bene che ci sìa una proposta che non parli solo di segretari e liste congressuali».

 

Secondo lei il Pd da solo non basta più?

«Il Pd non basta più per niente. Al di là dei training autogeni che si possono fare durante le assemblee, il Pd ha un gigantesco problema di credibilità nel Paese. Quindi o si mette a disposizione di un progetto più ampio e convincente o rischia davvero di estinguersi».

 

Dicono che faccia tutto ciò per candidarsi…

«Se fosse così avrei semplicemente accettato l’invito a candidarmi che mi è già stato fatto sia da Martina che da Zingaretti. Anzi se il progetto non sarà convincente e innovativo escludo di candidarmi».

 

Alle Europee, dunque, ma come?

«Con una lista unitaria in cui il Pd ci sia con le persone che hanno fatto bene in Europa, penso per esempio a Gualtieri e De Castro, insieme ad altre che vengono da mondi e culture politiche diverse. L’importante è che si condividano i punti del manifesto e che non si cerchino alleanze nazionali con Lega e 5S».

 

Un preambolo comune? Una lista unitaria?

«O c’è una bandiera, una lista comune, dietro la quale ci possono essere anche i simboli di partito, che comunque non vanno nascosti, oppure io non sono interessato a correre. Questo lo vorrei dire con grande chiarezza».

 

Pensa che questa lista avrebbe delle chance?

«Assolutamente. Se facciamo una cosa credibile e innovativa, e molto dipenderà dalla qualità delle liste, possiamo prendere più del 30%».

 

Anche +Europa sembra frenare. E allora?

«E allora potrebbe essere un disastro vero. Peraltro il rischio che +Europa e Italia in Comune non prendano il quorum è altissimo. Tutti devono decidere se è il momento di difendere la loro ristretta identità e fare atto di testimonianza, o invece persegui re la loro missione e combattere una vera battaglia per la democrazia liberale e per tenere l’Italia in Europa e in Occidente. Se identità e testimonianza avranno la meglio allora saremo sconfitti e l’Italia con noi».

 

Il suo progetto non può prescindere da chi sarà segretario.

«Tutti quanti hanno detto che sono d’accordo sull’impostazione di Siamo Europei. Dopodiché mi pare che Martina lo sostenga più degli altri».

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