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Bonaccini: “Il lavoro non si crea con i centri per l’impiego, ma con gli investimenti pubblici e privati”

Presidente Bonaccini, lei che guida la Conferenza delle Regioni, dalle quali dipendono i centri per l`impiego, pensa veramente che tra pochi mesi, con l`arrivo del reddito di cittadinanza, quei centri saranno messi in grado di accompagnare milioni di poveri verso il lavoro?
«Faccio una premessa: contrastare la povertà è assolutamente giusto e le Regioni vogliono collaborare perché il reddito di cittadinanza possa funzionare. Ciò detto, vedo molti problemi ed equivoci. Il lavoro non si crea con i centri per l`impiego, ma con gli investimenti pubblici e privati. Dove la disoccupazione è molto elevata, temo che questo non porterà più lavoro».

 

Ma lei crede sia possibile una rapida riforma dei centri per l`impiego?
«Il governo vuole giustamente potenziare gli organici e la dotazione digitale. Ma è verosimile che questo possa avvenire in meno di tre mesi se ancora non ci sono i bandi e non si è scelto come connettere le banche dati?
Il decreto non dice neppure come si relazioneranno le diverse amministrazioni competenti né chi gestirà fisicamente le persone».

 

Quali sono i ritardi più gravi ed è vero che si concentrano al Sud o riguardano, con qualche eccezione, tutta la penisola?
«Poco personale con strumenti poco adeguati e una reputazione dei Cpi non all`altezza delle aspettative, né delle imprese, né tanto meno di chi cerca lavoro.
Certo non è colpa di chi ci lavora. E non è un problema del Sud, ma piuttosto generalizzato, se stiamo ai numeri, anche se è ovvio che ci sono differenze rilevanti e alcune Regioni hanno investito per innovare e migliorare».

 

Quanto tempo ci vorrà per le assunzioni previste tra Anpal e Regioni? Ci sono garanzie che possano arrivare le figure professionali di cui si ha più bisogno?
«Noi siamo ancora in attesa delle 1.600 assunzioni programmate oltre un anno fa dal precedente governo. Ora il decreto immagina di assumerne altri 10.000 tra centro e periferia. In compenso ci sono ancora tanti precari all`Anpal a cui nessuno dice se avranno il contratto rinnovato. E non è ancora concretamente previsto nessun percorso di selezione e formazione adeguato. Il mio vuole essere un avviso ai naviganti e non ai cosiddetti navigator».

 

Per ovviare alla carenza di strutture e soprattutto al mancato dialogo informatico tra i centri, sono previste due piattaforme, ma quanto ci vorrà perché funzionino?
«Che servano piattaforme informatiche è evidente, ma il decreto si limita a nominarle. Lei sa quanto tempo occorre solo per organizzare la selezione di una fornitura complessa, o per progettare un software ad hoc, o per la messa in rete tra amministrazioni diverse?
Ho ascoltato l`audizione in Parlamento del nuovo presidente dell`Anpal: non ho sentito risposte né sul personale né sulle piattaforme. E tutto ciò dovrebbe essere perfettamente funzionante in aprile, dice il ministro. Temo nessuno abbia nemmeno pensato a dove collocare le scrivanie, non avendo indicazioni, figuriamoci il resto».

 

Una delle critiche al decreto è che si sono mescolate le politiche di contrasto alla povertà con le politiche di sostegno al lavoro. È così?
«E così. Ad essere cattivi si potrebbe sospettare che chi ha scritto il decreto non abbia mai amministrato un Comune o non abbia idea di cosa sia un Cpi, perché si stanziano molti soldi, ma non siamo certi di aiutare né chi è in povertà né chi cerca un`occupazione o un percorso di formazione adeguato. La nostra preoccupazione è che salti quel poco o tanto fatto fin qui con il Reddito di inclusione o con misure regionali come la nostra in Emilia Romagna (il Reddito di solidarietà), ma che si blocchino anche quelle poche Regioni che stavano investendo sulle politiche attive e sui centri per l`impiego».

 

Aver mantenuto la competenza concorrente tra Stato e Regioni non compromette qualsiasi tentativo di fare una politica nazionale del lavoro?
«Il referendum del 2016 ha bocciato la proposta di una politica nazionale in questo senso e io non voglio tornarci, perché così ha deciso la maggioranza degli elettori. Oggi le politiche attive del lavoro, al pari di quelle sociali, sono prerogativa anzitutto delle Regioni. Il governo sta invadendo tanto le prime quanto le seconde, col rischio che funzionino male e che al primo ricorso salti la legge».

 

Cosa si dovrebbe fare per accelerare la riforma dei Cpi?
«Stabilizzare il personale precario, prevedere un piano serio di assunzioni e formazione, costruire insieme il quadro delle procedure e delle infrastrutture digitali. Non si fa in tre mesi ma certo non occorre troppo tempo. Se l`unico obiettivo sono le europee di maggio, alla fine sarà un boomerang, per il governo e purtroppo per il Paese. Se invece vogliamo collaborare penso che in pochi mesi si possano fare grandi passi avanti».

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