«Il Memorandum con Tripoli va modificato radicalmente. Diversamente io non voterò il rifinanziamento della Guardia costiera libica».
Nel giorno del rinnovo automatico degli accordi con la Libia anche se subordinati a una commissione italo-libica che dovrebbe correggerli, Laura Boldrini, ex presidente della Camera, ex portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, deputata nel Pd, chiede al governo di uscire dalle ambiguità .
Boldrini, il Memorandum con Tripoli non la convince?
«Questo Memorandum non va, non tiene conto di quanto successo nel frattempo. In Libia, come dimostrano i rapporti dell’Onu e le inchieste giornalistiche, nei centri di detenzione si pratica la tortura, non c’è alcun rispetto dei diritti umani. Inoltre c’è una guerra civile e alcuni membri della Guardia costiera risultano collusi con i trafficanti di uomini. Il quadro di accordi va quindi radicalmente cambiato. Aggiungiamo che Salvini ha pure affidato il coordinamento dei soccorsi in mare alla guardia costiera libica».
Come correggerlo?
«In modo radicale e profondo. Interrogato in aula dal Pd al question time, il ministro degli Esteri Di Maio ha fatto sua la rinegoziazione, di cui prima nessuno neppure parlava. Ora però il governo deve fare sul serio».
Quali sono i punti irrinunciabili?
«Innanzitutto occorre svuotare come chiesto dall’Onu i centri di detenzione, dove ci sono circa 5 mila migranti. Bisogna organizzare l’evacuazione umanitaria di queste persone verso altri paesi. Questo è lo schema su cui lavorare. Inoltre, la guardia costiera libica non deve avere più un ruolo di coordinamento del soccorso in mare perché la Libia non è un porto sicuro e quindi non si possono riportare indietro i naufraghi in un posto in cui c’è una guerra».
L’ex ministra degli Esteri Bonino sostiene che quegli accordi con la Libia sono come la trattativa Stato-mafia. Per Minniti, responsabile del Viminale artefice del Memorandum nel 2017 c’è un serio problema di sicurezza che rende sconsigliabili disdette unilaterali dell’Italia. Lei con chi sta?
«La mia posizione è un’altra: penso che il Memorandum possa funzionare solo se viene completamente riconsiderato».
C’è chiarezza da fare sugli incontri italiani di Bija, riconfermato a capo della guardia costiera libica e sospettato di essere implicato nel lucroso traffico di esseri umani?
«C’è molta chiarezza da fare. Sapere che è stato reintegrato nel corpo della guardia costiera di Tripoli è un dato inquietante. Se quindi quel Memorandum e quegli accordi non cambiano, io non voterò il rinnovo del finanziamento alla guardia costiera. O la commissione Italo libica annunciata dal governo per le modifiche del memorandum raggiunge un’intesa nel senso di una profonda correzione, oppure il rifinanziamento della missione non è votabile».
Non è troppo timido il Pd, il partito al quale lei ha aderito, nel chiedere discontinuità nelle politiche sull’immigrazione?
«Va ripreso in mano e riconsiderato tutto il pacchetto immigrazione. Non possiamo fare nostra l’eredità di Salvini. Sui decreti sicurezza il capo dello Stato ha fatto dei rilievi, ma ritengo che vadano smontati andando ben oltre quei rilievi. Va ripristinata la protezione umanitaria. Vanno rafforzate le politiche di integrazione che Salvini ha smantellato. Il decreto numero 2 viola il principio millenario di salvare la vita umana in mare. Sono state criminalizzate le Ong che salvano le vite in mare, a cui dobbiamo dire grazie».
È tempo per lo Ius culturae?
«Il tempo è scaduto. La nostra legge sulla cittadinanza risale al1992. La società italiana è cambiata e il Parlamento non può arrivare in coda ai cambiamenti sociali».
Salvini ha attaccato la ministra Lamorgese sui numeri di sbarchi e di rimpatri.
«Salvini non è credibile. Disse che avrebbe rimpatriato 500mila irregolari in poco tempo, poi capì le difficoltà e diventarono 90 mila».
Lei sa sulla sua pelle cos’é essere vittima di Nate speech. Si aspettava che il centrodestra non votasse la commissione Segre?
«Non c’è più un centrodestra ma solo destre. Quello che è accaduto è gravissimo: è preoccupante che le destre non abbiano ritenuto doveroso impegnarsi contro il razzismo».