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Boccia: «Ora più rigore, siamo un modello. Un lockdown bis? Stiamo tenendo»

«Non dobbiamo spaventarci».

Ministro Francesco Boccia, come possiamo non spaventarci con 31 morti e quasi 3.700 nuovi casi?

«È una fase nuova, ognuno di noi deve sentirsi protagonista di questa battaglia. Rispetto ai 18 mila positivi della Francia e ai 12 mila del Regno Unito i numeri dell’Italia sono ancora quelli di un Paese sicuro, che non deve abbassare la guardia. Dobbiamo essere molto più rigorosi. Siamo stati un modello in questi primi sei mesi e dobbiamo esserlo nei prossimi sei».

Sei mesi con la mascherina, al chiuso e all’aperto?

«La misura contenuta nel nuovo decreto responsabilizza un Paese intero e incide molto anche su quella minoranza di popolazione che tendeva a non indossarla. La mascherina e l’app Immuni sono due forme di protezione e di rispetto degli altri».

Immuni non va a rilento, nonostante la campagna di Palazzo Chigi?

«Quasi sette milioni di persone l’hanno scaricata. Cresce la consapevolezza che è bene essere tracciati perché si è più sicuri. Ci sono regioni che viaggiano col 15% di utenti, Abruzzo, Sardegna, Toscana ed Emilia e ce ne sono altre, come Calabria e Sicilia, che restano indietro. Bisogna crescere molto di più».

Perché il virus si è messo a correre? Dove stiamo sbagliando?

«È il costo della convivenza col virus. Stiamo facendo la vita di tutti i giorni, con il Covid che è in circolazione».

Come siamo messi con le terapie intensive?

«Tra marzo e aprile, quando abbiamo avuto punte di 6.50o contagi, avevamo anche 4.00o persone in terapia intensiva. Ora siamo molto più forti e anche la prevenzione territoriale è stata rafforzata. I numeri sono abbondantemente sotto controllo. Abbiamo 337 persone in terapia intensiva e 6.70o posti disponibili, che in caso di necessità possono estendersi fino a diecimila, perché i ventilatori ci sono».

Il Dpcm che sarà pronto entro il 15 ottobre fermerà la movida?

«Non abbiamo affrontato il tema degli orari dei locali. Il nodo è rispettare le distanze, chi non lo fa commette una irregolarità».

Insonuna, sulla chiusura anticipata di bar e ristoranti non c’è accordo.

«Abbiamo tempo fino al 15 per il nuovo Dpcm, ci confronteremo con le Regioni e metteremo nel provvedimento tutte le misure che servono per proteggere la salute degli italiani, lasciando che la vita delle persone vada avanti. Continuo a rivendicare il modello del regionalismo italiano, la collaborazione tra i diversi livelli istituzionali. Rispetto agli altri Paesi siamo un’eccezione».

Le opposizioni contestano la proroga dello stato di emergenza, era inevitabile?

«Era necessario e non c’è nessun presidente di Regione che non condivida il rafforzamento delle misure e l’estensione dello stato di emergenza fino a131 gennaio. Una data che deve farci riflettere, perché cadrà a un anno esatto dall’esplosione del Covid».

I governatori protestano perché il governo ha tolto loro il potere di allentare le regole. Basta fughe in avanti?

«Non sono stati tolti poteri, è stato ripristinato un modello di successo. In una fase critica c’è più sicurezza se i territori possono adottare solo ordinanze restrittive e allentare le misure solo d’intesa col ministero della Salute. Quando metti al primo posto la salute e non il business devi avere un modello più rigoroso. Ma le Regioni sanno che l’approccio del governo è servire i territori, non esercitare il potere».

Quanto è alto il rischio di un nuovo lockdown?

«Con tutti gli sforzi che abbiamo fatto io spero si possa andare avanti convivendo con il Covid. Persino nei Paesi più in difficoltà come Francia e Spagna stanno facendo lockdown drammatici e costosi, ma limitati. Il nodo è la tenuta del sistema sanitario».

II nostro tiene?

«Sta reggendo, sì. Ora siamo con i motori al massimo, stiamo consentendo al Paese di vivere con il Covid che circola e con dieci milioni di persone che ogni mattina dalle 7 alle 8 si mettono in movimento. Poi, come tutti sanno, le Regioni hanno i poteri per intervenire chiudendo singole aree quando ci sono focolai e criticità. Ma ora pensiamo a rispettare le regole».

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