«Non è vero che tutti faranno le stesse cose – dice il ministro degli Affari regionali -se il sistema di monitoraggio dirà che una Regione è ad alto rischio, dovrà richiudere. Non si ferma tutt’Italia però. D’ora in poi ognuno dovrà essere in grado di mettere in sicurezza il suo territorio».
È il primo giorno della fase due. Non temete che un nuovo picco di contagi possa arrivare davvero?
«Solo gli incoscienti possono dirsi non preoccupati. Da ieri è iniziata la nostra nuova convivenza con il Covid-19. Tre mesi fa ci ha messo in grave difficoltà , ora dobbiamo essere rigorosi nei comportamenti e dimostrare di essere più forti. È scontato che il primo giorno si debbano seguire nuove regole: serve un rispetto diffuso e convinto da parte delle categorie produttive coinvolte. Ma mi sembra che bar, ristoranti, parrucchieri abbiano risposto benissimo».
Hanno chiesto regole meno rigide e voi le avete concesse. Perché?
«Abbiamo calato i principi sanciti dal comitato tecnico scientifico nella pratica. Penso che ogni commerciante abbia tutto l’interesse a seguire le norme. I cittadini devono fare la loro parte. Questa nuova normalità impone due cose: pazienza e rispetto. Gli italiani hanno dimostrato di averli entrambi e il mondo intero lo ha scoperto e apprezzato».
Perché avete prima deciso di fare dell’Italia un’unica “zona arancione” per poi affidarvi solo adesso alla responsabilità delle Regioni?
«Quando ho detto che da oggi le Regioni sono responsabili non ho mai dato un’accezione negativa al termine. Penso che ogni presidente abbia a cuore il suo territorio, che voglia fare di tutto per proteggere i suoi cittadini, ma deve anche sapere che comportamenti sbagliati rischiano di rimandare l’Italia sotto chiave. Attenzione. Serve uno sforzo immane per riprendersi, ma basta l’errore più banale per precipitare».
L’impressione è che per non scontentare alcune Regioni, il governo abbia rinviato la Fase 2 ovunque. E costringa adesso chi ha ancora numeri importanti a rischiare troppo. E così?
«No. Chiudere tutto è stato doloroso e sofferto, ma necessario. E dal punto di vista di gestione della cosa pubblica era più semplice. Adesso che devi rimettere in moto non solo la vita, ma far ripartire l’economia con regole nuove, non puoi pensare di normare da Roma i passi che muove ogni essere umano che sta riaprendo. Ci sono 21 organizzazioni territoriali sanitarie diverse e nella fase 2, se esplode il contagio, devono reggere quelle».
Può funzionare un sistema con 21 sistemi sanitari diversi?
«Io non penso che l’ufficio di un ministero da Roma possa gestire meglio l’ospedale di Belluno odi Bisceglie dì quanto non facciano il Veneto o la Puglia. Penso però un’altra cosa: che lo Stato debba investire sulla prevenzione territoriale pubblica. E che i finanziamenti che sono serviti e serviranno ad affrontare l’emergenza siano una grande occasione per farlo. Non tollereremo che i ventilatori polmonari inviati anche grazie alle forze armate dal commissario e dalla Protezione civile finiscano nei magazzini. Devono essere tutti operativi. L’epidemia non è finita. Se qualcuno vuole ridurre le terapie intensive se lo scordi. Su questo punto non ci sarà trattativa e lo Stato farà lo Stato».
Perché siamo così in ritardo su tamponi, test, tracciamento?
«I tamponi sono stati distribuiti: 3 milioni fino a oggi e altri 5 in arrivo. Siamo il Paese che ne ha fatti di più al mondo e li aumenteremo. Il tracciamento mi sembra prosegua bene, i test sierologici secondo me hanno bisogno di una revisione. Ci sono Regioni che sono avanti, altre meno. Ma, posso dirlo per cognizione di causa, stanno lavorando tutti con grande impegno».
«Abbiamo fatto 3 milioni di tamponi. Ne facciamo in questo momento 4970 ogni 100mila abitanti. Sono il primo a dire che l’ideale sarebbe farne molti di più, ma sono dietro di noi Germania, Regno Unito, Francia. E di molto. Mancano i reagenti, quelli per l’estrazione.
E la app?
«Sarà pronta a fine maggio e cancellerà molte polemiche. A partire da quella sulla privacy a cui siamo stati attentissimi dicendo no al Gps e sì al Bluetooth. Ma voglio essere chiaro: non è che il tracciamento dei positivi e dei loro contatti adesso non si stia facendo. Si fa a mano, ma si fa».
Sulle mascherine a 50 centesimi«Anche questo è un problema che stiamo risolvendo in corsa. Le Regioni hanno le riserve. Il commissario ha fatto un grande lavoro. E si è messa in piedi una filiera industriale nuova. L’Italia quando vuole, fa. Ci sono grandi aziende che hanno messo da parte i fatturati per dare una mano alla nazione. Non dico che va tutto bene, però le cose che funzionano ogni tanto bisogna dirle».
Intervista completa su La Repubblica