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Boccia: “L’autonomia regionale si deve fare subito. Chi parla di lista Conte uccide la legislatura”

«L’autonomia si farà, approderà presto in Parlamento malgrado i tanti gattopardi». Francesco Boccia non si ferma. Dopo aver varato la legge quadro con il placet di tutti i governatori di destra e sinistra, il grido di battaglia del ministro degli Affari regionali contro le resistenze delle forze di maggioranza renziani e grillini è secco. «Non baratto l’unità raggiunta dalle regioni con le bandierine dei vari partiti».

 

Intanto partiamo del suo collega che si è dimesso. Si parla di un suo gruppo a sostegno di Conte. Potrebbe guidarvi in battaglia il premier Conte con una lista alleata al Pd se si scivolasse presto alle urne?

«Se cominciamo a parlare di liste vuol dire che riteniamo la legislatura finita. Questo paese ha un faro che si chiama Mattarella. E la luce che accende quotidianamente sul dibattito politico impone alle forze politiche di maggioranza lealtà e chiarezza. Il premier sta svolgendo benissimo il suo ruolo e il Pd è la naturale barra stabilizzatrice del governo. È evidente che ora arriva la fase della verità per tutti per fare un salto di qualità al governo».

 

E dovete anche vedervela con la domanda che irrompe dalle piazze delle sardine…

«La grande sfida del Pd è questa: incubare la straordinaria voglia di alternativa ai sovranisfi e nazionalisti che c’è nel paese. E questo compito tocca al Pd e a Conte stesso, attraverso un lavoro da fare nel governo. Se vogliamo costruire un fronte sociale ampio senza essere ipocriti, dobbiamo dimostrare che le cose che diciamo si realizzano nell’azione di governo. Dall’autonomia alla sicurezza, dal nuovo welfare, alla scuola, ai diritti. Tutti temi che devono mettere insieme una sinistra ampia. Insomma, la sinistra unita è l’obiettivo e tocca al Pd e a Conte realizzarlo insieme a M5s».

 

Lei per esempio deve riuscire a portare a termine la sua legge sull’autonomia. È disponibile a rivedere l’impianto o non si torna indietro dall’ accordo con le regioni?

«Quando la mediazione serve a fare un passo avanti ci sono. Ma non baratto l’unità delle regioni e la fiducia tra i diversi livelli istituzionali con l’unità della maggioranza. Chi pensa sia meglio fare accordi di maggioranza spaccando nord e sud non mi troverà disponibile. Alcuni credono di fare le riforme per dimostrare che le proprie bandierine sono migliori delle altre».

 

I punti sub iudice?

«Nulla di insormontabile, ma se mi si dice prima si fanno i Lep, i livelli essenziali di prestazione che comprendono istruzione, trasporto pubblico locale, assistenza e sanitàio rispondo che sono d’accordo. Ma se mi si dice, fissiamo i Lep e poi vediamo se firmare le intese, questo è solo un modo per perdere tempo. Io dico partiamo con i Lep, attiviamo le altre materie, via la burocrazia centrale per le autorizzazioni di qualunque tipo, dai rifiuti ai servizi pubblici peruno stato più forte e più snello. I gattopardi non sono una specie estinta. In alcune parti del sud c’è una classe dirigente che ha paura del cambiamento e finge di difendere il mezzogiorno. La riforma si basa su una perequazione senza precedenti, infrastrutturale e sui servizi, che premia tutti i sindaci, anche quelli delle aree interne e di montagna e di tutto il sud. E fare questo significa far saltare gli schemi, quindi bisogna accelerare».

 

Nel Pd molti chiedono un’agenda nuova senza appiattirsi su grillini e renziani. Come ci riuscirete?

«Finora non ci siamo appiattiti, ma messi sulle spalle le responsabilità del paese. Se c’è chi gioca a farsi vedere, noi non partecipiamo perché siamo persone serie. Ma non mi pare dai sondaggi che stiano guadagnando da questa ossessione per la visibilità. Io vedo un Pd stabile grazie anche a Zingaretti, un premier molto credibile. Consiglierei a Italia Viva e M5S di cambiare schema di gioco, che non ha portato granché fortuna. Quando Conte va a Taranto dai ragazzi Ilva, sono orgoglioso del premier, non mi preoccupo a chi convenga questo gesto. Impariamo a essere uomini di Stato e non uomini da sondaggi».

 

Gentiloni dice che il 2020 sarà l’anno della web tax. Lei che ne ha fatto un cavallo battaglia crede si riuscirà a far pagare i giganti del web?

«Ha fatto bene Gentiloni a ribadirlo e lavorerà per questo. La base imponibile erosa è enorme, ben oltre 60-70 miliardi. Se noi imponessimo alle multinazionali delweb lo stesso regime fiscale imposto alle altre aziende, in Italia recupereremmo dai 7 ai 10 miliardi di imposte indirette. Per questa serve l’Europa unita e quello fatto quest’anno è un primo piccolo passo. La verità è che ci sono spinte molto forti per concedere ai giganti del web un regime in Europa che si sognano negli Usa. E ci vuole dunque un chiarimento franco tra l’Unione Europea e Trump, che non può pensare di difendere l’indifendibile».

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