“Profonda amarezza. Qualche gufologo imbecille può pensare che io sia contento. Invece per me è una giornata amara, più o meno come quella dei 101”. Lo dice l’ex segretario del PD, Pier Luigi Bersani, in un’intervista al Corriere della Sera in edicola oggi, in merito ai ballottaggi.
“Dobbiamo trovare la forza di reagire, reagire, reagire, guardando in faccia la realtà. Io vedo due dati. Al primo turno il PD è sotto fra i quattro e i sei punti rispetto al 2011, nel secondo viene fuori che su 143 ballottaggi noi avevamo 90 sindaci, ora ne abbiamo 45 – spiega Bersani -. Se qualcuno pensa di edulcorare questo dato, vuol dire che Dio lo sta accecando. E se vogliamo reagire non si parli per favore di voto locale e di fisionomie dei candidati.
Ovunque sono stato ho percepito disagio e una difficoltà a muovere il nostro elettorato. Ho cercato disperatamente di segnalare il problema e ora faccio un appello ai candidati, ai militanti, ai dirigenti. Dicano in sincerità quello che hanno trovato sul campo, perchè di conformismo si può morire. Spesso la nostra narrazione non risulta al Paese e le carezze che ci fa l’establishment , compresa parte dell’informazione, ci fanno velo sulla realtà.
Il PD chieda, citando Vasco, “toglimi di dosso quelle mani che mi dai” perchè ho bisogno di vedere. L’incertezza prevale, la forbice sociale si allarga e c’è un distacco di tutte le periferie, territoriali, sociali, culturali. Il secondo tema è il disarmo di una sinistra di combattimento sui temi sociali”.
Dopo il disastro PD alle elezioni comunali l’Italicum va cambiato?
“Io non l’ho votato. Tutte le proposte che pretendono di semplificare all’eccesso il sistema attorno a poche figure favoriscono la piega demagogica e regressiva. Di fronte a un sommovimento profondo come quello europeo e italiano è bene ricordarsi l’insegnamento di Aldo Moro. Essere inclusivi, dandosi istituzioni e meccanismi elettorali che abbiano gradi di flessibilità e non di rigidità. Semplificare è pericoloso, l’ltalicum va cambiato”.
E aggiunge: “Giovedì la minoranza si riunirà e ragionerà. Io vorrei solo ricordare che questa separazione tra segretario e premier, che a me pare una premessa per lavorare, fu voluta da Renzi col mio consenso. Non vedo quindi perché ci si scandalizza se siamo noi a chiederlo”.
Ha cambiato idea sul sì al referendum? “Avendo votato la riforma, non credo di dover prendere lezioni di coerenza. Ma se la conduzione fosse, nei toni e nelle forme, quella che ho visto fin qui, in quella campagna non mi vedranno. Non si può brandire cosi la Costituzione”.