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Franceschini e il made in Italy: videogiochi, un’arte da coltivare

Un miliardo di euro. È quanto gli italiani hanno consumato in videogiochi nel 2016. Una passione o un semplice passatempo che coinvolge 25 milioni di uomini e donne sopra i14 anni. Diverse migliaia di questi gamer si ritroveranno da oggi alla «Milan Games Week», la fiera che mette in vetrina i big del settore ma anche tanti titoli nati in Italia. Dove gli studi di sviluppo stentano a decollare, complici i pochi investimenti, leggi non adeguate e una generale sottostima del fenomeno culturale legato ai giochi elettronici. Un retaggio che però, secondo il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, appartiene al passato.

 

La produzione italiana di videogiochi fattura 4o milioni di euro all’anno: cosa cambierà con il tax credit?

«Da tempo il settore in Italia sta conoscendo una forte espansione, con molte imprese giovani fatte in prevalenza di under 3o capaci di una produzione all’altezza dei più elevati standard. Un settore in grado di attirare le grandi produzioni internazionali e i talenti, che ha bisogno di crescere e che tuttavia finora ha ricevuto poche attenzioni dallo Stato. Oggi, grazie all’estensione del tax credit audiovisivo anche alle produzioni di videogame, c’è finalmente un primo importante riconoscimento. Ne seguiranno altri. La nuova Cinecittà, per esempio, avrà anche un ruolo di snodo nazionale per il settore con attività di ricerca e sviluppo, studi di produzione videoludica, formazione. In questo modo si sfrutteranno al meglio le potenzialità connesse al rapporto tra le varie industrie e mestieri dell’audiovisivo: cinema, televisione, videogame. E si riuscirà a sostenere l’internazionalizzazione del settore e il rientro di tanti giovani talenti italiani ora impiegati con successo nelle grandi società di produzione mondiali».

 

Al pari di cinema e tv, i giochi elettronici possono essere un veicolo per la diffusione della cultura. Quali progetti ci sono in cantiere?

«I videogame sono strumenti per la mediazione, la partecipazione, il coinvolgimento delle persone. Penso al ruolo crescente che avranno i giochi di simulazione reale o la realtà virtuale per le nostre società nel prossimo futuro. Chi visita un museo oggi vuole vivere un’esperienza piena, che spesso va oltre il tempo vero e proprio dedicato alla permanenza nelle sale. Lo dimostra il grande successo del videogioco «Father & son» prodotto dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, al quale presto ne seguiranno altri nei musei archeologici di Taranto e Reggio Calabria. Interessante a questo proposito sarà il progetto «Games for Culture» proposto da Istituto Luce Cinecittà con la collaborazione dell’Aesvi, un concorso nazionale per la produzione di videogame per il patrimonio culturale. Il portale «ItalyforMovies», infine, avrà una sezione dedicata alle location italiane dove sono stati ambientati importanti videogame, per stimolare e attrarre i turisti che vogliono rivivere di persona le ambientazioni in cui sono stati immersi virtualmente per ore di gioco».

 

Come considera l’utilizzo dei videogiochi nelle scuole per la didattica? «Partiamo per esempio da «Minecraft», che è sicuramente un gioco dai molti risvolti, in cui convivono insegnamenti di matematica, educazione civica, geometria e mi verrebbe da dire anche di filosofia. Per i ragazzi di oggi Minecraft è un po’ come i Lego per noi. Credo fortemente nella potenza del videogame. Lo stesso Piano Nazionale Scuola Digitale riconosce le potenzialità dell’apprendimento attraverso il gioco. Si pensi alle applicazioni nell’ambito delle politiche di integrazione, per Nel 2016 il mercato dei giochi elettronici è arrivato a superare il miliardo di euro l’apprendimento linguistico o negli insegnamenti scolastici dei vari gradi. La comunicazione e le modalità con cui si scambiano informazioni stanno cambiando a ritmi esponenziali, e dobbiamo esser pronti a nuovi approcci educativi. Penso che il videogame possa avere in ciò un ruolo sorprendente. Nell’opinione generale gioco, creatività, divertimento e apprendimento sono in contrasto tra loro. Il videogioco dimostra quanto ciò non sia vero».

 

Secondo Lei i videogiochi sono davvero l’ottava arte?

«Probabilmente sì, e la «legge cinema» lo certifica anche da un punto di vista normativo. Basti vedere la bellezza delle ricostruzioni grafiche, ascoltare le musiche o seguire la narrativa di un videogame di grande successo. O considerare le mostre dedicate ai videogame o la sezione inaugurata ad hoc nel 2012 dal MOMA di New York. È un’arte che coinvolge, nelle produzioni, delle vere e proprie fabbriche di creativi: dai disegnatori ai pittori, dagli scultori 3D agli architetti fino a fisici e matematici, dimostrandosi tra l’altro un’arte con ottime prospettive occupazionali per molte di quelle professioni che, generalmente, hanno più difficoltà a collocarsi nel mercato del lavoro».

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