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Consip, Orfini: c’è qualcosa di più dell’attacco al Pd e dovrebbe preoccupare tutti

Matteo Orfini è avvelenato: “L’unico obiettivo è colpire il principale partito del paese”. Complotto, atto secondo. In una lunga intervista all’HuffPost, il presidente del Pd, descrive una manovra quasi eversiva. Non usa questa parola “eversione”, tipica del gergo berlusconiano, ma il senso delle risposte è questo: “Siamo di fronte a un qualcosa di più profondo della gogna mediatica, qui c’è un qualcosa che riguarda il funzionamento della democrazia italiana”.

Parla di una intercettazione illegale, attacca i giornalisti, critica gli editori e invoca l’intervento del Csm. Alla fine del colloquio, la sensazione è che lo stato maggiore del Pd dopo il secondo capitolo di Etruria e Consip si senta sotto assedio: “È un attacco alla democrazia” dice.

Presidente Orfini, su questa storia dell’intercettazione di Renzi col papà, vi siete messi a parlare come i berlusconiani. Ma dove sarebbe la gogna mediatica?

Io credo sia un errore parlare di gogna mediatica, perché qui c’è qualcosa di più profondo dell’aggressione al Pd e al suo segretario. Qui c’è qualcosa che riguarda il funzionamento della democrazia italiana e che dovrebbe allarmare tutti quanti.

Un attacco alla democrazia?

Sì è un attacco.

Quell’intercettazione è dunque un atto eversivo?

Si ricorda quando qualche mese fa parlammo della vicenda Consip? Era il tempo in cui autorevoli commentatori ci chiedevano di rimandare il congresso del Pd. Si ricorda le mozioni di sfiducia ai nostri ministri? E i saltimbanchi di varia natura che venivano intervistati per accusaci?

Parlò praticamente di un complotto per liquidare il Pd. Siamo al secondo capitolo del complotto, magari anche più intenso?

Quell’intervista fu oggetto di varie ironie. Il ministro della Giustizia, forse distratto dalla battaglia congressuale, parlò di auto-complotto. Ma stiamo ai fatti. Prima un’intercettazione manipolata da chi doveva trascriverla, con l’apparente finalità di danneggiare l’ex presidente del Consiglio, poi accusatori che raccontavano di inesistenti cene del padre di Renzi smentiti dai fatti.

Non del tutto però. Non si capisce se fossero cene o incontri al bar.

Quello che era stato dato per certo semplicemente era falso. A proposito dove è finito Alfredo Mazzei, autorevole esponente della fondazione Mezzogiorno Europa, onnipresente in quei giorni? Però, veniamo a oggi, sempre con i fatti: un’intercettazione illegalmente giunta a un giornalista, discutibile nella sua stessa esistenza, visto che ad essere intercettato era il padre di Renzi indagato per un reato per cui non è previsto l’uso delle intercettazioni. E tutto questo con l’unico apparente obiettivo di colpire il principale partito del paese.

Un salto di qualità del complotto, dice lei.

Per fortuna oggi di tutto questo si occupa una procura seria, Roma, che verificherà puntualmente le responsabilità.

Chiede di mandare gli ispettori del ministero a Napoli?

Mi pare del tutto evidente che siamo di fronte a una modalità di interpretare il codice penale piuttosto originale. Io credo che i magistrati debbano indagare seriamente, e lo dico soprattutto quando riguarda il mio partito.

Non si direbbe.

Sbaglia. Quando una persona seria come Pignatone ha aperto l’inchiesta Mafia Capitale, che non pochi effetti ha avuto sul mio partito, non solo ho riconosciuto la fondatezza e la bontà di quell’impianto investigativo che pure molti provano a mettere in discussione, ma nel farlo non ho avuto tentennamenti anche se questo avrebbe prodotto un danno elettorale.

Dunque, gli ispettori in una procura che lei considera meno seria?

Questo lo deciderà il ministro. Ma io la domanda la giro ai magistrati. Quello che è accaduto a Napoli, per il Csm è normale? Oppure dobbiamo rassegnarci che tutti i magistrati italiani pensino come Davigo che non esistono innocenti ma solo criminali che l’hanno scampata? Tesi, segnalo, incompatibile con la nostra Costituzione e con lo Stato di diritto.

Le sue parole sulle intercettazioni evocano antiche suggestioni berlusconiane. Metterete mano alle intercettazioni?

Io non ritengo indispensabile cambiare le norme sulle intercettazioni, perché sono uno strumento investigativo indispensabile, però questa posizione regge solo se nel mondo dell’informazione c’è un’assunzione di responsabilità. C’è un direttore in questo paese capace di rifiutarsi di pubblicare spazzatura e di riempire le pagine del suo giornale con commenti alla spazzatura?

Però…

Mi faccia finire. Ma le pare possibile di fronte a questo torbido cortocircuito pur di non approfondire quel che sta accadendo il principale giornale del paese intervisti la nonna di Renzi? È giornalismo o siamo all’Isola dei Famosi in cui si intervistano i parenti dei protagonisti?

Siccome le notizie si pubblicano, e le assicuro non tutti lo fanno in questo paese, che fate? Mettete mano alle intercettazioni, non sulla parte che riguarda le indagini, ma sulla loro pubblicabilità?

Mi permetta di nutrire qualche dubbio sul fatto che le pubblichiate con un lodevole senso di colpa. Ciò detto, su questo tema abbiamo parole chiare. Condivideremo col mondo dell’informazione. Ma a questo punto chiediamo ai direttori, invece di mettersi il bavaglio, di provare a distinguere le notizie dalla spazzatura.

Abbia pazienza, Orfini. Lei se la prende con i magistrati e con i giornalisti che pubblicano. Ma, le chiedo: questa intercettazione fa emergere, se ce ne fosse stato bisogno, un certo attivismo del padre dell’ex premier. Non si capisce dove incontrò Romeo, se in una bettola o in un bar, non si capisce cosa avesse detto a Lotti in precedenti occasioni. Si capisce che, con il figlio a palazzo Chigi, non si comporta come la moglie di Cesare.

Quello che emerge è che una procura della Repubblica dispone di una intercettazione, poi quella intercettazione illegalmente finisce a un giornalista che la pubblica pur essendo penalmente irrilevante, con il solo obiettivo di attaccare chi democraticamente rappresenta una parte del paese. La notizia è questa, caro De Angelis, e penso che se avete a cuore la democrazia in questo paese dovreste interrogarvi su questo. E non sul contenuto irrilevante. Altrimenti c’è un problema anche tra voi. Ma sono certo che non lo farete. E sa perché?

Perché?

Non c’è nulla di nuovo in quello che sta accadendo. È il vizio di origine di un sistema dell’informazione che non ha editori puri.

Presidente Orfini, chi ha a cuore la democrazia dovrebbe interrogarsi anche di quel che è emerso in queste settimane, sia sul caso Consip sia sul caso Etruria. Si parla di Renzi e di suo padre, della Boschi e di suo padre. Si chiama “familismo”, il meccanismo creato da Renzi quando era a palazzo Chigi. Poteva portare i migliori, ha scelto i fedeli di Rignano, lasciandoli scorrazzare. Anche questa è qualità della democrazia, o no?

Ha ragione, bisogna occuparsi di questi temi. Per questo serve una commissione di inchiesta sulle banche, che si deve certamente occupare di banca Etruria. Ma che dovrebbe occuparsi ad esempio anche della doppia scalata Monte dei Paschi-Antonveneta e Unipol-Bnl. Vede, quando lei dice i “migliori” ho i brividi

I brividi?

Sì perché qualche anno fa raccontavate i manager del Monte dei Paschi come l’espressione più alta del capitalismo illuminato. Ad anni di distanza le scelte fatte da quel manager (Mussari, ndr) si rivelano essere la causa della crisi del monte dei Paschi. Mi chiedo due cose. Se nella lista dei debitori ci sia qualcuno degli editori di quegli autorevoli pensatori che lo indicavano a modello. La seconda è se non dovremmo rileggere quegli anni con una luce nuova.

Quale è questa luce? Sta arrivando al famoso “abbiamo una banca di Fassino”?

Quella beatificazione serviva a mostrificare il tentativo di Unipol di acquisire Bnl. Obiettivo che fallì per gli effetti di un’indagine della magistratura rivelatasi inconsistente, in cui addirittura i manager di Unipol furono indagati addirittura per associazione a delinquere e poi prosciolti da tutto. E anche per gli effetti di una campagna di stampa in cui i giornali furono inondati da intercettazioni e commenti conseguenti. L’esito fu che quella banca finì in Francia con un oggettivo danno per il paese.

Ho capito. Invece di chiarire, create un set perfetto da campagna elettorale, la commissione di inchiesta. Voi dite “si inizia da Mps”, i Cinque Stelle diranno “subito Etruria” e poi Brunetta… non finirà il lavoro perché tra un anno ci sarà certamente il nuovo Parlamento.

In pochi mesi si può fare un grande lavoro di approfondimento. Io ero e resto convinto che la politica si debba occupare di economia, anche del sistema bancario per tutelare i risparmiatori e garantire la trasparenza. Non c’è un solo atto del nostro governo che non abbia avuto questo come obiettivo, il resto è propaganda di qualche salotto decadente aggrovigliato attorno alle proprie rendite parassitarie. Anche questa idea che le classi dirigenti sono inadeguate se scelte fuori dai soliti salotti è irricevibile. La sinistra non è solo redistribuzione della ricchezza ma anche del potere.

Però la commissione non inizia con il caso Etruria.

Non abbiamo alcun problema su questo.

Nemmeno ad ascoltare Ghizzoni che, ricordo, non ha smentito la versione di De Bortoli. E ha detto che è pronto a parlare in Parlamento.

Le ripeto: nessun problema. Ogni volta che nomino la commissione avverto invece terrore diffuso ma fuori da casa nostra.

Parla come uno che si sente sotto assedio.

Veramente l’assedio l’abbiamo respinto grazie al voto di due milioni di persone. Ora semmai è il momento del contrattacco.

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