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Martina: ora che il Pd è più forte difenderà il maggioritario

«Abbiamo rimesso le orecchie a terra. Abbiamo capito il disagio degli elettori e raccolto la voglia di rilancio. Ecco perché torniamo a crescere nei sondaggi, continueremo a farlo. Ora lavoriamo per costruire l’alleanza della fiducia nel Paese». Legge elettorale, alleanze, durata della legislatura, Maurizio Martina, nuovo numero due del Pd, ministro dell’Agricoltura del governo Gentiloni, traccia le strategia del partito tornato a trazione renziana.

Ministro Martina, è vero, tornate a crescere nei sondaggi e in vantaggio sul M5S, sebbene di pochi punti. Ma come contate di mantenere o addirittura aumentare quel vantaggio?

«Si è aperta una stagione nuova per noi. Ci davano nell’angolo nei mesi scorsi. Credo che la reazione che abbiamo avuto in queste settimane di congresso, ripartendo dal basso con tanta gente e rinnovato entusiasmo, rimettendo in moto la sfida del cambiamento, abbia aperto una strada nuova. Ci siamo, siamo più forti di prima, consapevoli di quel che ci attende».

Un governo diviso non aiuta. Dai vaccini al processo penale, passando per la legittima difesa, non è stato uno spettacolo esaltante in questi giorni.

«Al di là delle fisiologiche divergenze di opinione su singoli provvedimenti, siamo una squadra unita. Abbiamo fatto cose importanti al governo: avviare il reddito di inclusione, stanziare 600 milioni per asili nido e scuole materne, introdurre lo statuto del lavoro autonomo per le partite iva, affrontare temi come l’obbligatorietà dei vaccini, promuovere il risanamento delle periferie. Bisogna tenere la bussola ben orientata sulle scelte di cambiamento, lo stiamo facendo. Ho letto le riflessioni che Roberto Saviano ha fatto sul vostro giornale (l’accusa rivolta al Pd di alimentare la “politica della vendetta”, ndr). E vorrei dire che noi vogliamo essere proprio l’antidoto a quella politica, alternativi alla logica della paura, dei populismi che soffiano sul fuoco dei problemi senza risolverli».

Parla molto di cambiamento. Ma in cosa si concretizza, nel Pd post primarie? Che eredità avete raccolto dalla disfatta del referendum?

«Se dovessi sintetizzarlo con uno slogan, direi “Pd umile, Pd utile”. Umiltà e utilità, le nuove parole d’ordine. E l’esempio lampante è Roma, dove questa domenica i nostri ragazzi in maglietta gialla saranno per le strade per pulire la città abbandonata alla sporcizia e al degrado. Iniziativa che già da sola ha spinto l’amministrazione a fare quel che non ha mai fatto in questi mesi. Ma la nuova stagione sarà segnata anche da una grande apertura alle giovani generazioni».

Intanto, la prima sfida sarà la riforma della legge elettorale. Come finirà?

«Quel che è certo è che difenderemo al massimo un principio per noi irrinunciabile: garantire il più possibile una logica maggioritaria, che poi vuol dire garantire la governabilità di questo Paese. Non è un caso se ad aver paura dei collegi uninominali siano proprio i partiti personali, privi di radicamento. Apprezziamo il fatto che Pisapia abbia colto l’importanza della proposta».

Non così Bersani e Mdp. Ci sono ancora margini per un’alleanza con loro?

«Noi restiamo concentrati sul Paese e interessati a dialogare con chi vuol lavorare con noi, non con chi preferisce distinguersi dal Pd». Se la legge elettorale passasse prima dell’estate, puntereste ancora sul voto in autunno? «No, l’orizzonte resta il 2018. E lavoriamo ogni giorno al governo per fare bene». Amministrative a giugno.

Con chi vi alleate?

«Ovunque abbiamo lavorato per coalizioni di centrosinistra aperte al civismo».

Caso Etruria. Secondo lei, la sottosegretaria Maria Elena Boschi ha chiarito del tutto?

«Maria Elena ha pronunciato parole nette, chiare. Siamo per la massima trasparenza e non è un caso se vogliamo la commissione d’inchiesta sulle banche».

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