“Dopo più di 150 anni l’Italia continua ad essere un paese di emigrazione, con una consistente presenza italiana nel mondo. Ma le politiche dell’Italia in materia sono state altalenanti, oggi vanno di moda i “cervelli in fuga” e si studiano strategie, per lo più fallimentari, per farli rientrare. Raramente si discute, invece, di coloro che se ne sono andati, dei loro discendenti, delle loro famiglie, tutti coloro che forse italiani non sono ma che all’Italia guardano con grande interesse, i cosiddetti “italici”. Parliamo di milioni di persone sparse in tutto il mondo che consumano prodotti italiani, veicolano la cultura e lo stile di vita italiani fuori dall’Italia.
Rappresentano una grande ricchezza ma per rapportarsi con questa vasta e diffusa collettività fatti di milioni di persone, servirebbe una cabina di regia capaci di coniugare le attività della diplomazia ufficiale, quelle degli imprenditori, del mondo della cultura e delle Ong.
Se da una parte è importante la riforma delle istituzioni di rappresentanza (Comites, CGIE, parlamentari eletti all’estero), dall’altra una riflessione va fatta sulle politiche da mettere in atto verso le comunità italiane che vivono all’estero, con un investimento anche economico in chiave di diffusione della lingua, della cultura e dell’impresa italiana. Abbiamo già degli strumenti, pensiamo solo alla TV italiana nel mondo e al web, che non dovrebbero veicolare all’estero i programmi italiani ma piuttosto sviluppare un proprio palinsesto per promuovere il made in Italy e le eccellenze del nostro Paese.
Gli italici rappresentano una straordinaria forza dal punto di vista economico, culturale e di valorizzazione dell’Italia e riuscire a mettere in rete e coordinare tutto questo grande universo dovrebbe rappresentare uno dei pilastri della politica estera del nostro Paese”.
Leggi qui l’intervento integrale di Eugenio Marino al Convegno “Italici. Il nuovo Commonwealth come fattore di business per le imprese italiane sui mercati esteri”.