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Letta: «Solo il Pd può battere Meloni. La destra ci manda in bancarotta»

«La polarizzazione è nei fatti. Più di un terzo dei collegi sono uninominali. Tradotto: è eletto solo chi arriva primo. Per arrivare primi in un collegio bisogna prendere almeno il 30/40% dei voti e può essere primo o il nostro candidato o quello della destra. Chi sceglie altre liste avvantaggia oggettivamente Giorgia Meloni. E bene chiarirlo una volta per tutte», quindi «O vince la destra o vinciamo noi. Chi vagheggia il pareggio vive in una realtà parallela. E ha smarrito qualsiasi principio di realtà».

L’intervista di Marco Iasevoli al segretario Pd Enrico Letta, pubblicata questa mattina su Avvenire, è una sorta di sguardo a trecentosessanta gradi sulla situazione politica italiana a meno di un mese dalle elezioni, con un’attenzione al pericolo reale di una destra italiana antieuropea. Un paese stretto dalla crisi del gas, che non a caso è il primo argomento affrontato nel colloquio.

«La nube nera del caro-gas l’ha portata Putin – sottolinea Letta – con una guerra feroce a un Paese sovrano. Oggi è la prima emergenza nazionale», ed elenca le 5 azioni proposte dal Pd: un tetto europeo al prezzo del gas; un regime di cinque mesi con prezzi amministrati per l’energia elettrica con il disaccoppiamento tra fonti fossili e rinnovabili; il raddoppio del credito d’imposta per gli extra-costi energetici delle imprese; un contratto “bolletta luce sociale” per microimprese e famiglie con redditi medi e bassi; un grande piano per le rinnovabili e il risparmio energetico.

Al giornalista che chiede se dopo sei mesi di conflitto in Ucraina non vadano intensificati gli sforzi negoziali per proteggere l’economia nazionale, il segretario dem ricorda il «tentativo sfacciato di interferenza del Cremlino nella vita politica europea», la «penetrazione aggressiva della propaganda organizzata per anni da Mosca», le «minacce dei diplomatici russi alla libera stampa italiana».

«Nonostante tutto questo -osserva Letta – Salvini non ha mai stracciato il patto con Russia Unita. Nonostante tutto questo Berlusconi resta l’amico di Putin per definizione. E ciò mentre in Ucraina continuano morti, devastazioni, dolore e sofferenze indicibili. Noi vogliamo la pace e sosteniamo con ogni strumento tutti gli sforzi di pace della diplomazia europea, dell’Onu e degli organismi multilaterali. Però vogliamo la pace, non la resa di chi è stato aggredito da una Nazione nemica della libertà, della democrazia e dei diritti umani».

Sempre sull’urgente questione dei costi energetici, Letta ribadisce come il Pd stia «dalla parte dei rigassificatori come soluzione di transizione in questa emergenza. Con compensazioni per i territori coinvolti. Non è un caso che si facciano in Regioni, l’Emilia Romagna e la Toscana, ben governate da noi. Piuttosto, giro la domanda a Giorgia Meloni: il sindaco di Piombino, di Fdi, è contrario».

Sull’esito del voto, il segretario del Pd non è per niente rinunciatario, anzi: «Noi possiamo ribaltare i pronostici e vincere. Dobbiamo convincere il 10% di indecisi. Con i Verdi già governiamo in Europa, dove ad esempio la stessa Ursula Von der Leyen porta avanti posizioni radicalmente diverse da quelle di Meloni e Salvini e molto più compatibili con quelle nostre e di Bonelli. È la destra italiana a non essere “europea”. Vale a dire avanzata, civile, moderna. Sono, piuttosto, al fianco dell’Ungheria e di quel regime reazionario e negazionista, a partire dai temi ambientali. Lo stesso può dirsi sulle questioni sociali o su quelle migratorie e della cittadinanza. L’ostilità pregiudiziale di questa destra a una misura di civiltà come lo ius scholae, per fare un altro esempio, è dichiarata e intollerabile. Se vincessero loro si arresterebbe ogni possibilità di progresso».

Ammonisce Letta: «Tutti ricordano il baratro del 2011, con il governo Berlusconi – e Tremonti e Meloni ne erano ministri – costretto a dimettersi perché il Paese era sull’orlo della bancarotta. Dieci anni dopo l’Italia si è rialzata ed è risanata. Ma ecco che loro si ripresentano nella stessa formazione pronti per una nuova bancarotta».

E aggiunge che non ci si improvvisa progressisti. Il Pd ha coinvolto nelle Agorà democratiche centomila persone in dieci mesi e oggi si presenta con un programma a tre pilastri: lavoro e diritti sociali, diritti civili, ambiente.
«Sono complementari, non alternativi – chiarisce – e l’ispirazione è anche in quella ecologia integrale -sostenibilità sociale e ambientale- insieme di cui parla papa Francesco. Penso al salario minimo, alla lotta alla precarietà del lavoro, al no ai finti stage, alla riduzione delle tasse sul lavoro per i ceti medi e bassi, al grande piano di edilizia popolare e rigenerazione urbana per le periferie. Accanto a questo un welfare moderno basato sul potenziamento dell’assegno unico, con revisione Isee, sulla valorizzazione del Terzo settore e sulla riforma della non autosufficienza. Giustizia sociale è questo: protezione dei più vulnerabili, delle persone sole e fragili. Soprattutto è scelte strutturali, non spot o bandierine».

Conclude il leader dem: «Il Pd oggi è unito ed è l’unica vera alternativa a Meloni e alle destre. Da quando faccio politica al centrosinistra una cosa chiedono prima di tutto gli elettori: unità. Vinciamo se e soltanto se li ascoltiamo».

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