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Chiamparino: “Favore al confronto con i 5Stelle. Possibile un appoggio esterno”

Presidente Sergio Chiamparino, siamo ancora ai preamboli ma una trattativa con i 5Stelle per dare un governo all’Italia spacca il Pd. Lei è tra i favorevoli o tra i contrari?
«Devo dire che il confronto arriva in forte ritardo. Io sono favorevole, perché penso non se ne possa fare a meno».

Con quale esito?
«Sono molto, molto pessimista perché sono passati 54 giorni in un clima logorato dalla trattativa dei 5Stelle con la Lega e il centrodestra, che ha fatto diventare il Pd l’altro forno, oltre alle obiettive differenze di programma. Sono convinto sin dall’inizio che i Dem avrebbero dovuto giocare d’anticipo e fare una mossa non per un accordo di governo ma per una sfida programmatica a un esecutivo grillino, a cui si poteva già consentire di avviarsi. A questo punto il mio è l’ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione».

Fondamentale comunque è il coinvolgimento di Renzi?
«Renzi lotta insieme a noi. Si è dimesso, abbiamo un reggente che è Maurizio Martina. Ma l’ex segretario fa parte del gruppo dirigente con notevole e non logorata autorevolezza. Il punto comunque è che in presenza di una trattativa l’interlocutore deve sapere con chi trattare. Se si gioca una partita, deve esserci una chiarezza di mandato. La Direzione del partito quindi deve affidarlo a Martina e a una delegazione che vada a mettere le nostre carte sul tavolo, prima di vedere quelle degli altri».

In definitiva nel suo partito il leader è sempre Renzi?
«Se per leader s’intende il capo del partito, ebbene non c’è, per ora c’è il reggente. Per questo è bene fare il congresso in tempi ravvicinati».

Altrettanto fondamentale per un’intesa è che Di Maio si faccia da parte?
«Se si dovesse andare verso una ipotesi di accordo di governo M5Stelle-Pd, è pregiudiziale chiedere che Di Maio si faccia da parte. Ma se parliamo di sostegno indiretto, cosa più probabile, allora il discorso cambia, perché non si va a trattare equilibri, assetti. Sono da Prima Repubblica soluzioni tipo l’appoggio indiretto? Sì, ma non sono io che ho voluto questa legge elettorale, personalmente sono per il maggioritario».

Sa, nella base dem pare ci siano più contrari che favorevoli a un’intesa con i grillini.
«Se guardiamo ai social, i militanti sembrano per il no, ma c’è anche tanta gente che dice il contrario. Se ai tempi di Enrico Berlinguer ci fossero stati i social e lui vi avesse dato ascolto, non avrebbe mai fatto la proposta del compromesso storico. C’è una responsabilità in chi guida un partito».

E comunque la base va consultata?
«Sì. La base deve decidere sul modello della Spd in Germania».

Quali altri scenari politici vede all’orizzonte, se fallisse questa trattativa?
«La possibilità di governi balneari. Giudico poi improponibile un sostegno a un governo di centrodestra da parte del Pd. Aggiungo che mi colpisce la mancanza di una vera analisi nel partito davanti a un’onda che ha cambiato morfologicamente la geografia politica. Un terzo degli elettori ha votato per un ircocervo politico quale è il Movimento 5Stelle. Se quest’onda accennasse a rifluire, allora si può stare sullo scoglio senza bagnarsi i piedi. Se invece, come penso, cela una domanda contraddittoria finché si vuole ma di cambiamento, allora occorre misurarsi».

Non crede che Di Maio, per sua stessa ammissione, abbia più feeling con La Lega?
«Di certo è apparso più vicino ai leghisti ma credo per ragioni di convenienza perché è più facile fare un governo che abbia i numeri e con il Carroccio ci sono. Un accordo con il Pd del resto è una sfida per noi, ma ancora di più per loro».

Lei si candiderà alle primarie?
«Mica è un concorso di bellezza! I progetti politici vengono prima dei nomi e ci si candida per rappresentare un programma. Io compio 70 anni a settembre, potrei essere in campo se ci fosse un’emergenza. Ma spero che nel prossimo congresso dem si affermi una generazione più giovane per ricostruire una sinistra europea».

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